Ora il Teatro dell’Angelo è un supermercato


Per gli amanti di Roma – come di qualsiasi altra città al mondo, ma con un sovrappiù di attaccamento viscerale – la chiusura di attività storiche, radicate da tempo nel vissuto personale e collettivo, rappresenta sempre un fatto doloroso. Ogni serranda abbassata, in effetti, costituisce una ferita aperta per l’intera comunità circostante. Ma certi dolori sono più intensi di altri, perchè coinvolgono veri e propri gioielli locali: e si soffre ancora di più vedendo che in pochi ormai sanno dare il giusto valore alle cose, e che in pochissimi si mobilitano per salvare quel poco che ancora – a volte – può essere salvato.

Questo è il caso del Teatro dell’Angelo: una risorsa culturale e punto di riferimento per i cittadini romani ed in particolare del Municipio I, un partner d’eccellenza per le scuole (accogliendo annualmente circa 5/6 mila fra studenti, insegnanti e famiglie per le attivita teatrali educative), una meraviglia del quartiere Prati – quartiere nel quale lavoro da tanti anni, e che conosco ormai come le mie tasche. Una storia incredibile, fatta di rinascite improvvise, di notti indimenticabili, di passione e tenacia. Qui, dove negli anni ’30 la gente del quartiere veniva a ballare, solo il tempo, la passione e la volontà di Bedi Moratti (sorella di Massimo e figlia di Angelo, presidente della squadra dell’Inter negli anni ’60, da cui il nome del Teatro), (che abbiamo scelto di mantenere) hanno permesso di mantenere in attività il teatro, inaugurato da Vittorio Gassman, e frequentato da nomi illustri: da Carmelo Bene a Gabriele Lavia, da Milena Vukotic ad Anna Mazzamauro, Debora Caprioglio, Gianfranco D’Angelo e Pippo Franco, poi Gigi Proietti, Nicola Piovani, Franco Nero ed Elena Sofia Ricci.

Poi lo sfacelo: le spese impossibili da sostenere, il momento eternamente critico per la cultura, infine il COVID-19. Una mazzata da cui – senza aiuti – era quasi impossibile riprendersi; ma di sostenere le attività culturali, ormai, non passa per la testa quasi a nessuno. Perciò, che importa se il Teatro dell’Angelo era stato uno dei pochi fari culturali ed educativi  della realtà territoriale: le Autoritá competenti dormivano, e a mobilitarsi per difendere e impedire la chiusura del Teatro non ci pensavano affatto. Lavarsene le mani fu facilissimo.

E così, a un certo punto, è accaduto: mentre soltanto voci isolate si levavano per protestare contro questo sacrilegio – tra cui la nostra – un bel giorno è stato smantellato, “un pezzo alla volta“, il vecchio Teatro dell’Angelo di via Simone de Saint Bon. Palco, strutture e materiale di ogni tipo è portato via dagli operai, sotto gli occhi dei cittadini del quartiere che – con un “colpo al cuore” – hanno visto svanire un pezzo della propria vita. Le petizioni non sono servite a nulla, e non hanno di certo arrestato i lavori per trasformare la struttura in un supermercato: d’altra parte, neanche i pareri contrari della Sovrintendenza sono serviti a qualcosa.

È successo quindi quello che doveva succedere: si è chiuso un Teatro per aprire un anonimo supermercato, come fosse il macabro specchio della nuova realtà italiana dove la cultura lascia il posto alle esigenze della nuova classe povera (un tempo: borghesia). Il segno di uno sfacelo senza fine, senza rimedio e apparentemente senza soluzione: almeno, in assenza di un’adeguata mobilitazione dei cittadini, che devono saper – di volta in volta – opporsi alla tirannia del consumismo sfrenato.

Che peccato, insomma, aver perso il Teatro dell’Angelo. Conoscete un’altra storia, che racconti meglio il nostro declino?

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