Qualche parola sulla vicenda Scurati, che – tra accuse e smentite di censura, tra bavagli agitati e respinti, tra richiami alla libertà d’espressione e polemiche su TeleMeloni – ha monopolizzato gli ultimi giorni più delle imminenti elezioni europee.
Primo. Dopo l’annuncio della conduttrice del programma Serena Bortone, che “con sgomento” ha comunicato la cancellazione del dialogo, e a tutela della cultura democratica del nostro Paese, ho ritenuto doveroso, urgente, necessario che il monologo avesse la risonanza e la diffusione che competono a temi del genere. Per farlo, abbiamo stabilito di mettere a disposizione gli strumenti e le risorse del Codacons, in termini di organizzazione e comunicazione, individuando una location adeguata all’occasione e proponendola direttamente a Scurati. Nessuno può accusarci, quindi, di non aver preso le sue difese.
Secondo. Letto il monologo, basta un minimo di onestà intellettuale per riconoscere la verità: ovvero che – più che sul 25 aprile – il discorso sembra centrato sul governo attuale, e in qualche passaggio ricorda un comizio politico contro l’attuale presidente del consiglio. Era ovvio per il servizio pubblico – sotto la vigilanza del Parlamento, che ha espresso democraticamente quella carica – incontrare difficoltà a trasmetterlo: sarebbe accaduto con qualsiasi governo, così funziona la RAI e non da ieri.
Terzi. Se poi in TV sfila chi (faccio i nomi: Occhetto e Gramellini, su La7) mette in un angolo la libertà d’espressione, travisa completamente il caso (per fare politica a ogni costo) e confonde i giusti principi sostenuti con un presunto e inesistente obbligo giornaliero di dichiararsi anti-fascisti (un atteggiamento assurdo e antidemocratico, il trionfo del dominio del formalismo verbale e della prepotenza ideologica: come se in un dibattito sulla resistenza Occhetto fosse di continuo obbligato a criticare le foibe), ecco che la questione cambia e impone un ragionamento più complesso.
Ora: il 25 aprile e la Resistenza sono e rimangono i caposaldi intorno a cui è edificata l’intera struttura repubblicana, democratica e antifascista del Paese. Raccontarli e avvicinarli alle nuove generazioni si rivela compito sempre più ineludibile e urgente, quanto più ci si allontana – in termini cronologici, non certo politico/sociali – da quel ricordo e da quella memoria.
Ma se questo è vero, è altrettanto vero che non sono gli atteggiamenti autoritari, i moti che comprimono la libertà di pensiero e di espressione, a fare l’interesse della Resistenza e della consapevolezza sociale di quello che significò.
Per questo dico: sulla vicenda Scurati hanno tutti torto. Chi censura (la censura è sempre e solo una confessione di impotenza da parte del censurante rispetto agli argomenti del censurato) e chi quella censura la denuncia ma piegandola ai suoi fini (per costringere l’interlocutore a mostrare un patentino di anti-fascismo richiesto ormai a chiunque respiri).