A quanto pare, neanche il Pnrr e la montagna di soldi che questo strombazzatissimo piano di sostegno alla nostra economia porta con sè basta per risolvere uno dei più tipici sintomi del nostro pachidermico sistema giudiziario: la lentezza dei processi.
Un tema di cui dalle nostre parti si parla dall’alba dei tempi, e che nel tempo non ha mai perso di attualità – visto l’enorme divario che ci separa ancora oggi dai nostri omologhi europei. Un fatto certificato da osservatori internazionali e terzi, come prova un rapporto della Commissione per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ), contenente dati e analisi sul funzionamento dei sistemi giudiziari di 44 Stati europei e di 3 Stati non situati in Europa (Israele, Kazakistan e Marocco), con il fine di misurarne l’efficienza e la qualità. Ebbene, dal rapporto emerge una sistema giudiziario pieno zeppo di punti critici per l’Italia, caratterizzata proprio da un elevato numero di giorni necessari per far sì che la giustizia faccia il suo corso. Per farla breve:
L’Italia è al primo posto, nel Consiglio d’Europa, per numero di condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per irragionevole durata dei processi (1.230, dal 1959; al secondo posto, doppiata, la Turchia, con 609 condanne), nonché per durata media del processo penale in appello: 1.167 giorni (tre anni e due mesi), contro una media europea di 121 giorni (quattro mesi). In Italia gli appelli penali durano cioè dieci volte tanto la media europea.
Di fronte a questa evidenza e proprio mentre si fa un gran parlare degli obiettivi da centrare (tra cui riduzione dei tempi della giustizia italiana del 40% a giugno 2026 nei tre gradi di giudizio) per ottenere questo famigerato Pnrr, però, la Corte di Appello di Roma – “rilevato che per esigenze organizzative e in attuazione del programma di smaltimento che prevede la prioritaria definizione delle cause di più risalente epoca di iscrizione al ruolo non sarà possibile trattenere in decisione, nelle date di udienza previste, le cause indicate nella tabella contenuta nel presente provvedimento” – ha diffuso le tabelle dei rinvii per centinaia di poveri cittadini alla ricerca di una sentenza. In barba a qualsiasi tentativo di accorciare i termini si scopre, infatti, che spesso il rinvio è pluriennale: in alcuni casi, se ne riparla a giugno 2026!
A questo punto, è chiaro che in molti moriranno di vecchiaia senza aver ottenuto giustizia. Siamo condannati, pare, a subire sulla nostra pelle questa giustizia-lumaca come fosse mandata dal cielo, come se non si potesse far nulla per cambiare le cose. E non a caso, i dati del monitoraggio effettuato dal ministero della Giustizia per l’anno 2022 non fanno ben sperare, purtroppo, per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr. Siamo proprio spacciati: neanche i soldi ormai bastano per sveltire l’elefantiaca macchina della giustizia italiana!