Assurdo ma vero: il prezzo del grano scende e quello della pasta sale!


Il prezzo del grano scende mentre quello della pasta sale. No, non è un rebus cui fornire soluzione, o la prova di accesso a un concorso: è la realtà surreale che tutti noi scopriamo passeggiando nei supermercati e scorrendo i listini dell’alimento più amato dagli italiani.

A lanciare l’allarme è stata nei giorni scorsi Coldiretti, seguita a ruota dal Codacons, con parole chiarissime: “c’è il rischio della speculazione”. Oggi la pasta è rincarata in media del 18,2% rispetto allo scorso anno. E negli ultimi 24 mesi il prezzo di un chilo di pasta è aumentato del 37%.  Aumenti dei listini che, tuttavia, non sembrano giustificati dall’andamento delle quotazioni del grano: secondo gli indici dei prezzi alla produzione del grano duro dell’Ismea, le quotazioni nel mese di marzo sono scese del 21,8% rispetto a marzo 2022. Senza contare i prezzi medi mensili alla produzione, scesi del 2,6% sul mese precedente e del 19,3% su base annua.

Qualcosa, è chiaro, non torna: la materia prima è sempre più deprezzata, ma la pasta nei supermercati è sempre più cara e le grandi marche ‘raccolgono’ profitti in crescita esponenziale, mentre le aziende cerealicole sono in crisi. E anche se i pastai respingono le accuse, è doveroso fare chiarezza e dare al più presto garanzie ai consumatori.

Una spiegazione potrebbe riguardare le importazioni in Italia di grano proveniente dall’Ucraina, praticamente triplicate nell’ultimo anno per un quantitativo pari a 358 milioni di chili (in aumento del 193% rispetto anno precedente). Secondo Coldiretti, infatti, “sul mercato europeo sono in atto evidenti distorsioni commerciali nel settore dei cereali favorite dall’afflusso di grano ucraino che avrebbe dovuto essere invece destinato soprattutto a fronteggiare il pericolo carestia del Nord Africa e dell’Asia“. Senza contare le importazioni da Kazakistan, Canada, Francia, Australia e altri Paesi.

In ogn caso, questa forbice tra prezzo della materia prima e del prodotto finito non ha davvero ragion d’essere, soprattutto visto che la pasta è ottenuta direttamente dalla lavorazione del grano (con l’aggiunta della sola acqua). Non trovano dunque alcuna giustificazione le divergenze registrate nelle quotazioni, molto forti anche a livello regionale e locale: secondo l’Osservatorio dei prezzi del Ministro del Made in Italy, i prezzi della pasta oggi variano dai 2,3 euro al chilo di Milano ai 2,2 euro di Roma, dai 1,85 di Napoli ai 1,49 euro al chilo di Palermo. Una variabilità eccessiva e, nei fatti, inspiegabile.

Adesso è necessario verificare cosa, nello specifico, determina incrementi così forti dei listini, e se ci siano anomalie sul mercato tese a mantenere elevati i prezzi al dettaglio di un prodotto molto presente sulle tavole degli italiani, al punto che ogni cittadino consuma circa 23 chili di pasta all’anno. Per questo abbiamo deciso di rivolgerci all’Antitrust e alle Procure della Repubblica, segnalando un’anomalia di mercato sulla quale occorre indagare, anche sulla base della nuova normativa sulle pratiche sleali a tutela delle 200mila imprese agricole che coltivano grano. Su quello che mettiamo in tavola, davvero, non è il caso di scherzare.

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