Cari Amici,
non so se ve ne siete accorti ma in Italia, di recente, le dipendenze vanno di gran moda. Qui da noi la lotta alla ludopatia è affidata allo slogan “gioca con moderazione”: frasetta insulsa, che ovviamente non modera proprio niente e serve soprattutto ad acquietarsi – in un colpo solo – la coscienza e la fedina penale. L’Italia, non a caso, si piazza ottimamente nella classifica dei Paesi con il maggior numero di giocatori; e specialmente, vale la pena sottolinearlo, primeggia nel campo del più alienante, spersonalizzante e inquietante fra i giochi d’azzardo, le slot machine.
Ma d’altronde, a chi importa? A chi importa se un italiano su dieci – un italiano su dieci! – vanta, si fa per dire, un parente o un amico con debiti di gioco? A chi importa se ogni italiano si gioca, in media, 1.650 euro l’anno? A chi importa se il gioco tra adolescenti, spesso in classe, spesso mentre l’insegnante insegna Napoleone o le guerre puniche, è in repentina crescita? A chi importa se, in alcune zone d’Italia, più del 5% del Pil prodotto si “perde” nel gioco d’azzardo?
Altro giro, altra dipendenza. Le campagne contro il fumo, nel nostro Paese, languono. Noi ci proviamo e denunciamo, denunciamo, denunciamo. Ma il Governo sonnecchia, e anzi quando sonnecchia – almeno – non fa danni. I provvedimenti adottati sono insufficienti, tardivi, e spesso poco incisivi, e questo quando va bene: perchè, quando va male, l’esecutivo amoreggia esplicitamente con la lobby del tabacco, senza neanche i pudori dei flirt riservati.
Due questioni, una sola domanda: l’emergenza sociale del tabagismo, come quella del gioco d’azzardo patologico, è incoraggiata dallo Stato, che poi dovrà (deve) intervenire per limitare i danni. Per farlo, spenderà di sicuro più di quanto incassa. E allora, a chi conviene tutto questo?
A presto,
Carlo