A Firenze scendiamo in campo per tutelare turismo e piccoli proprietari


Ormai è storia nota la delibera con cui il Comune di Firenze ha preteso di vietare, attraverso una modifica delle N.T.A. del Regolamento Urbanistico, le locazioni turistiche brevi all’interno del nucleo storico della città (area Unesco, che copre il 5% del territorio comunale ma dove si concentra quasi il 75% degli appartamenti destinati al turismo): una “stretta” annunciata nel giugno scorso dal sindaco Dario Nardella (Pd), e che si è concretizzata con il voto in Consiglio comunale avvenuto nella tarda serata del 2 ottobre.

Da Palazzo Vecchio si tenta quindi di mettere un argine al dilagare degli affitti turistici nel centro storico, che creano problemi di convivenza con i residenti e, secondo il Comune, hanno innescato una «gravissima crisi abitativa». Un tema di cui si discute da tempo, tanto che nei giorni scorsi il governo ha presentato un disegno di legge firmato dalla ministra Daniela Santanché proprio per tentare di normare un fenomeno cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni: a Roma su Airbnb ci sono circa 25 mila appartamenti e stanze in fitto, 14 mila in centro storico (56%); a Venezia 7.500, di cui 6.200 sulle isole principali (85%); a Milano 15 mila dei 20 mila appartamenti sono in zone centrali, mentre a Napoli 6 mila degli 8 mila presenti. Eppure, nonostante l’allarme sullo spopolameno dei centri storici e l’esplosione dei prezzi per gli affitti sia reale, la misura presa a Firenze è stata salutata con favore solo da alcuni, specie per l’intento tutto sommato condivisibile; ma è stata ed è criticatissima per la modalità utilizzata. Una critica che, detto per inciso, condivido pienamente visti i gravi profili di illegittimità per violazione di diverse norme e principi costituzionali, nonché della stessa normativa regionale in materia urbanistica.

Se infatti Nardella si è affrettato da dire che la norma ha una sua “solidità giuridica”, la verità sta tutta nella sua confessione di qualche mese fa: si tratta di una soluzione “giuridicamente ardita”. Più che ardita, anzi: in realtà quello del Comune di Firenze è un provvedimento che contrasta con la libertà dei proprietari di utilizzare gli immobili nel rispetto della legge.

In primo luogo, tale delibera si pone in contrasto con l’art. 42 della Costituzione, secondo cui “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto [922 c.c.], di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.” Come evidente infatti nel vietare la possibilità di disporre dell’immobile per locazioni turistiche brevi, la delibera va ad incidere sui modi di godimento della proprietà. Il provvedimento inoltre viola anche l’art. 117, comma 2, della Costituzione, che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato materie quali la “concorrenza”, “ordinamento civile” “tutela dei beni culturali”, materie queste tutte incise dalla disciplina dettata dalla suddetta Delibera, come peraltro espressamente riconosce la stessa suddetta Relazione ad essa allegata. Senza contare il contrasto con la normativa regionale, a conferma di una natura giuridicamente claudicante della misura.

Le intenzioni dell’amministrazione sono quindi corrette, ma le modalità di azione risultano del tutto sbagliate e illegittime. Se da un lato è giusto intervenire per limitare il fenomeno degli affitti turistici selvaggi che danneggia la città e i residenti (portando a una carenza di alloggi per le locazioni ordinarie e a una impennata dei canoni a lungo termine: +26% in un anno), ed è sacrosanta una regolamentazione della materia delle locazioni turistiche brevi anche volta a porre limiti e condizioni, ciò deve avvenire con legge – come impone la nostra Costituzione – e nel rispetto dei principi di proporzionalità, di trasparenza, di non discriminazione e di rotazione. Insomma, è impensabile risolvere il problema intervenendo con un colpo di spugna solo a svantaggio di alcuni. Il rischio è quello di arrecare un duplice danno alla collettività: il primo verso i proprietari di immobili ubicati nell’area coinvolta, discriminati rispetto a chi possiede abitazioni fuori dalla zona protetta; il secondo al turismo, attraverso una riduzione delle strutture disponibili con conseguente contrazione della concorrenza ed effetti negativi diretti sulle tariffe di alberghi e b&b, che si impennerebbero per via della minore possibilità di scelta per i turisti.

Sono queste le ragioni per cui – come Codacons – stiamo avviando un ricorso collettivo al Tar della Toscana, al quale potranno partecipare tutti i proprietari di immobili di Firenze. Da questo punto di vista, è utile segnalare che solo chi aderisce al ricorso potrà beneficiare degli effetti positivi dell’eventuale sentenza di annullamento, in quanto secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato solo le parti del giudizio possono poi pretendere l’esecuzione della sentenza (ex multis: Consiglio di Stato, Sez. IV, 21.5.2004, n. 3327, Consiglio di Stato, Sez. IV, 15.6.2004, n. 3939). Una ragione in più per partecipare e tutelare direttamente i propri diritti.

Il principio del Comune – lo ripeto una volta di più è sacrosanto, ma la strada seguita è quella sbagliata. Salvare i centri storici è essenziale; limitare la libertà dei proprietari di utilizzare gli immobili nel rispetto della legge, però, non è davvero il modo giusto per farlo.

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