Dibattito su un cadavere


Si sono scatenati tutti.

Premessa: Berlusconi non ha mai goduto delle mie simpatie (come chi mi conosce sa bene). Però questo fatto che quelli che prima lo contestavano non cerchino neanche ora di capire dove hanno sbagliato, non sappiano dar vita a una minima autocritica (neanche a posteriori), non mi va giù; e non mi va giù il fatto che qualcuno continui ad attaccarlo ciecamente anche adesso, come se non esistesse un umano dovere di, almeno in punto di morte, raccogliere anche gli elementi positivi di chi è venuto a mancare – senza fare di un cadavere uno strumento di lotta politica.

Lo stesso, evidentemente, dicasi per chi lo difende a spada tratta, come fosse un santo o un martire solitario: non lo è stato, inutile provarci.

Purtroppo, invece, proprio questo è successo e sta succedendo: chi è da una parte dice che Berlusconi non ha fatto nulla, chi è dall’altra dice che ha fatto tutto. Anche il momento dell’addio si è trasformato in un dibattito pubblico tra cosiddetto centro-destra e cosiddetto centro-sinistra. Una cosa vergognosa, almeno quanto proclamare senza spiegazione alcuna il lutto nazionale (e il funerale di Stato). Cosa non del tutto illegittima, ci manca solo, ma che andava giustificata meglio: è sembrato invece un atto per sfruttare polticamente l’accaduto (da parte di quel centro-destra che su Berlusconi, a lungo, si è appoggiato come a un’ancora di salvezza).

In particolare, la cosiddetta sinistra – tranne alcuni che si sono disinti, come Paolo Gentiloni, Fassino e qualcun altro che ha deciso di partecipare al funerale – ha continuato a lavarsi la coscienza rispetto alle cose che negli anni non ha fatto, contribuendo ad assicurare un quasi ininterrotto dominio a Berlusconi: quasi nessuno ha ammesso la sua ormai conclamata incapacità, all’epoca del successo berlusconiano, di bloccare le malefatte degli avversari, di imporre una legge sul conflitto d’interessi e così via.

Con la coscienza così sporca, non potevano – invece di sottoporlo a una sana, ma equilibrata critica, e di concedersi una propria doverosa auto-critica – che limitarsi a sporcare e infangare la memoria di un uomo che, nel bene e nel male, ha saputo costruire un impero e fatto lavorare 60.000 persone.

E mi riferisco in particolare ai forcaioli come Travaglio: che, con la sua faccia da primo della classe, continua ad andare dalla Gruber (ma quante presenze sono garantite nel suo studio ai soliti noti?) a ripetere gli sproloqui che dieci anni fa distribuiva Santoro, e a cui Berlusconi ha sempre risposto – questo, almeno, devono ammetterlo tutti – sempre con grande ironia. O a soggetti come Paolo Mieli, che si ammanta ogni giorno di plualismo, democrazia e così via ma non ha avuto il coraggio di dire come, perché e da chi provenivano le notizie dell’invito a comparire recapitato a Berlusconi e annunciato in esclusiva il giorno prima dal Corriere della Sera. Un fatto che infangò il Paese proprio nei giorni in cui il Presidente del Consiglio presiedeva una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli. Eppure, Mieli non ha spiegato neanche come gli sia venuto in mente di pubblicarle.

Lo ripeto per chi non volesse crederci: a me non è mai stato particolarmente simpatico Berlusconi. Ma essendo un narcisista – come me, d’altronde – non aveva solo difetti: le scene della sedia lustrata, le gag pubbliche, le barzellette ecc. sono qualcosa che non ci mancherà, sono d’accordo. Ma l’uomo aveva anche dei pregi: un narcisista è capace di grandi cose, può costruire un’impresa efficace come poche, dare fiducia all’Italia, intercettare i bisogni e i desideri della popolazione come pochi. Chi non riesce ad ammettere questa evidenza, anche dopo tanti anni, anche dopo la morte dell’interlocutore, ha davvero fatto gli interessi di Berlusconi. Ha davvero indossato per tutta la vita i paraocchi, e del tutto smarrito – di fronte alla morte – anche la sua umanità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *