Antielogio del ristorante esclusivo, dove gli esclusi sono i poveri


Ci mancava – come se assurdità non fossimo già pieni fino al collo – l’elogio del ristorante di superlusso, arrivato come se fosse del tutto normale dalle colonne dei giornali di questi giorni. Non importa che con l’inflazione alimentare, più alta da quasi 40 anni, oltre 3,1 milioni di persone per mangiare facciano ormai ricorso alle mense per i poveri o ai pacchi alimentari: per i nostri media l’apertura di un hotel destinato esclusivamente ai ricconi, con una cucina adatta solo alle tasche di personaggi che non fanno certo fatica ad arrivare alla fine del mese, è un evento e come tale va raccontato. Gli articoli in lode, infatti, si sprecano – alla faccia del rischio di pubblicità occulta: “camera con vista sulle meraviglie dell’antica Roma”, una “lettera d’amore” alla Città Eterna, “red carpet” con vista sulla storia e così via. Un coro di inni alla ricchezza e allo sperpero che suonano come una bestemmia alle orecchie dei cittadini italiani, mai come ora stritolati da prezzi alle stelle che costringono a una (ennesima) contrazione dei consumi alimentari.

“Dobbiamo pensare ai ristoranti fine dining come all’alta gamma della ristorazione. E come per altri settori l’alta gamma, le prime linee, non sono per tutti. Anche se noi possiamo essere alla portata anche di chi, magari, fa un sacrificio per venire nei nostri ristoranti”.

Ci mancava, tra i tanti praticati quotidianamente dagli italiani, il “sacrificio” richiesto per mangiare.. Una focaccia! Qualcuno, senza arrossire, è riuscito a parlare di “democratizzazione della gastronomia di qualità”. Dove sarebbe però questa democratizzazione lo sanno solo loro, visto che tutto costa uno sproposito (molto di più di quanto pagherebbero nelle strade circostanti): in questo senso il ristorante è davvero “esclusivo”, ma nel senso che a essere esclusi sono solo i poveri. Hai voglia a dire, come fanno alcuni, che “c’è un caffè che costa poco”: la media dei prezzi è comunque da capogiro. E poi, che ironia: a chiedere sacrifici a chi ne fa già tutti i giorni, come fosse una cosa normale, è qualcuno che evidentemente non conosce davvero il significato del termine: altrimenti si renderebbe conto immediatamente di aver detto una cosa che non sta nè in cielo nè in terra. Una cena a questi prezzi, infatti, farebbe evaporare in un paio d’ore mezzo stipendio di nostri connazionali: non si tratta di un “sacrificio”, ma di un salasso del tutto insostenibile per le nostre famiglie (senza indebitarsi, almeno). E invece, lo scopo di chi entra nel settore dovrebbe essere completamente diverso, anzi opposto: garantire il cibo agli affamati, a prescindere dal portafogli, è da tempo immemorabile la funzione sociale della ristorazione. Un ristoratore che non offre da mangiare potenzialmente a tutti, ma solo a una clientela privilegiata e che può permettersi un salasso incredibile per una cotoletta, è davvero la negazione di sé stesso: è una figura inquietante, più vicina al gioielliere che all’oste – da sempre capace di accogliere, rifocillare e curare la sua clientela fedele.

Eppure, il mondo che viviamo è questo qui, caratterizzato da un crescente divario tra poveri e ricchi: e se tanti vip, stelle e stellette – in un oceano di gioielli, abiti di marca e droni – hanno partecipato all’inaugurazione del locale senza imbarazzo e senza prendere le distanze da un’operazione tanto esplicitamente elitista, tanto distante dalle persone comuni e dalla loro vita, la responsabilità è anche loro. I ricchi (quelli che ragionano), per primi, dovrebbero infatti tenersi alla larga da operazioni del genere, concepite per far pagare un surplus di “esclusività” agli sventurati avventori; quegli stessi ricchi che ne sono destinatari, per primi, dovrebbero indignarsi per iniziative del genere, e denunciarne la natura classista e assolutamente non-inclusiva di questi locali.

E allora, fatemelo dire senza paura: ma che vergogna l’elogio del ristorante di superlusso, mentre intorno un pasto completo è ormai un sogno. La mia speranza è una, e una sola: che sia il pubblico, con la saggezza di chi ha poche risorse (e deve investirle bene), e con il buon senso di chi conosce le cose importanti della vita, a decretare l’insuccesso di questa idea della ristorazione.

A fare piazza pulita di vippetti, gioielli, tariffe da paradiso tropicale e così via. Se accadrà sarà bellissimo: e io sarò tra i primi a festeggiare.

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