La mazzata finale al cinema italiano


Insieme al regista Moni Ovadia e al produttore Rean Mazzone, presso la Casa del Cinema di Roma, abbiamo tenuto una conferenza stampa sull’ingiustizia della cancellazione del Tax Credit per le piccole e micro imprese cinematografiche e audiovisive italiane. Un tema di cui non parla nessuno – la stampa, si sa, decide a piacimento gli argomenti di rilievo e li impone alla pubblica opinione con cadenza giornaliera: adesso in agenda c’è altro – ma che avrebbe, o dovrebbe avere, una grande importanza in un contesto come quello attuale, in cui molti indicatori segnalano la crisi dei consumi culturali.

Gli italiani leggono sempre meno e sempre meno frequentano musei – lo dicono i dati – e allora è evidente: qualcosa non va. Tra pandemia e inflazione da record, lo spazio per la cultura si riduce a vista d’occhio, e questa davvero non è una buona notizia. Non lo sarebbe per nessuno, ma di sicuro non lo è per un Paese ricco, in termini di patrimonio culturale, come il nostro: anche perché la tendenza va avanti da anni, e nessuno sembra in grado di invertirla.

E allora davvero non si capisce come mai il decreto interministeriale n. 368 del 13.10.2022, pubblicato sul sito del Ministero della Cultura, abbia modificato la normativa in materia di Tax Credit, ossia il credito d’imposta pari al 40% del costo eleggibile di produzione, che spetta ai produttori cinematografici per opere riconosciute di nazionalità italiana.
In particolare, sono state escluse dall’agevolazione fiscale le imprese di produzione cinematografica costituite come ditte individuali o società e associazioni di persone, attraverso la previsione, quale requisito necessario per accedere al beneficio, di “essere società di capitale aventi capitale sociale minimo interamente versato e patrimonio netto non inferiore a quarantamila euro”.
La misura penalizza tutte le piccole case di produzione, che costituiscono parte essenziale del motore della cultura cinematografica italiana. Compreso appunto Moni Ovadia: è per le ragioni citate, quindi, che abbiamo deciso di difendere il diritto di ottenere il Tax Credit della ditta Ila Palma, che ha recentemente concluso le riprese del suo film “La terra senza” e si è vista negare l’accesso all’agevolazione fiscale prevista dalla legge in vigore e al momento di avvio della produzione del film.

Ha ragione proprio Moni Ovadia: in Italia, purtroppo, non si è ancora diffusa la consapevolezza che istruzione e cultura debbano essere i punti centrali dell’agenda politica. Da qui la mancanza di sostegno per le piccole imprese di produzione che si trovano, a seguito dell’abolizione del tax credit, addirittura penalizzate nonostante la loro incredibile forza creativa. Ma davvero, colpisce l’irragionevolezza di scelte simili: come quella di escludere determinate categorie di imprese da un’agevolazione fiscale, e solo sulla base della forma giuridica adottata. Mentre la crisi del settore prosegue senza sosta (nel 2022 oltre il 60% della popolazione non ha messo piede in un cinema), lo Stato si preoccupa solamente di porre dei limiti formali e del tutto iniqui, piuttosto che di effettuare tutti i controlli necessari e garantire che i contributi siano richiesti e assegnati nel rispetto delle regole: il nostro cinema, la nostra cultura, hanno bisogno di altro.

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