Anni di tagli e l’ambulanza non arriva più


I frutti di anni di tagli alla sanità, scriteriati e orizzontali, sono ormai maturi. Non c’è giorno ormai senza che una notizia in qualche modo collegata allo sfacelo del (fu) glorioso Servizio Sanitario Nazionale capiti sulle cronache, magari locali, infilata in una questione o in un’altra.

Il caso, anche stavolta, è recente: è quello di Sabrina, 51enne residente a Corcolle, che un giorno – il 5 dicembre – si è recata presso il centro commerciale di via Maremmana Inferiore per fare alcuni acquisti. Qui ha dovuto subire sulla sua pelle i risultati delle politiche attuate negli ultimi anni:

Alle ore 14:20 uscendo da un negozio la donna, affetta da distrofia muscolare e portatrice di protesi all’anca, inciampa e cade rovinosamente a terra, non riuscendo più a rialzarsi a causa di una probabile frattura al braccio. Immediatamente i presenti chiamano il 118 richiedendo l’intervento di una ambulanza. Passa il tempo ma dei soccorritori non c’è traccia: viene così ripetutamente contattato il 118, anche dai dipendenti del centro commerciale e, col peggiorare delle condizioni della signora rimasta immobile a terra, alcuni cittadini presenti sul luogo contattano i Carabinieri di zona denunciando l’accaduto e sollecitando i soccorsi.
Alle ore 19:58, dopo oltre 5 ore di attesa, finalmente l’ambulanza arriva sul posto, mettendo Sabrina sulla barella tra le urla lancinanti di dolore della donna.

Come dimenticare poi il caso di Paula, risalente a questa estate: per l’ospedale era una “possibile colite”, la giovane allora era tornata a casa ma le condizioni erano subito peggiorate: l’ambulanza però è arrivata con più di due ore di ritardo. Troppo tardi per salvarla, ad appena 29 anni.

Ritardi di due ore, o anche di più, si segnalano da una parte all’altra della penisola. Come se si trattasse di un vagone per pendolari, o di un appuntamento con gli amici, il ritardo è il new normal dell’ambito sanitario. Decenni di insistenza sulla prevenzione e il suo valore, conoscenze ormai acquisite sulle probabilità infinitamente maggiori di successo in caso di intervento immediato: tutto dimenticato, come non fosse mai esistito. Ora, in questi anni difficili, è consueto anche non soccorrere, e non essere soccorsi – almeno, a stretto giro: nel pomeriggio, chissà.

Per carità: la colpa non è certo dei pochi, esausti, spesso davvero meritevoli medici, infermieri, autisti che sulle ambulanze ci salgono davvero. Come sempre, è questione di mezzi: e se si tagliano a tutto spiano i piccoli pronto soccorso, se si riducono i punti di emergenza, è chiaro che le percorrenze per le ambulanze aumentano, mentre queste diminuiscono di numero.

Semplice algebra: in 10 anni chiusi 111 ospedali, tagliati 37mila posti letto, dicono i numeri. E infatti, le morti evitabili – quelle che fanno più rabbia, che sarebbe bastato poco per evitarle – sono di nuovo in aumento.

Aspettiamo pazientemente qualcuno che al governo faccia 2+2, e torni a interessarsi delle nostre vite. Nel frattempo, cittadini, se ci capita di morire: ricordiamoci, mentre capita, di non disturbare!

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