Senza – come sempre – alcuna ambiguità, non posso non dirmi assolutamente favorevole alla legge “anti-Ferragni” allo studio del governo per fissare limiti e paletti alle iniziative di beneficenza, garantendo al contempo trasparenza ai cittadini che donano i propri soldi e separare in modo efficace la solidarietà da attività commerciali a scopo di lucro. Come già fatto in occasione degli approfondimenti annunciati dalla Commissione Europea in materia di influencer ed evasione fiscale, infatti, concordo in pieno con l’idea di fare luce su un settore che ha dato prova nel tempo di opacità e scarsa trasparenza nei confronti degli utenti.
Il grave scandalo del pandoro-gate ha fatto davvero scuola: tra sponsor che scappano (e ci mancherebbe pure, vista la gravità dell’accaduto), follower in calo (era ora) e inchieste in mezza Italia, nessuno sa se il Regno del Nulla sta finendo (o meno) davvero, ma di una cosa siamo tutti certi: l’opinione pubblica si è accorta, finalmente, del problema e pretende soluzioni urgenti. Soluzioni che l’esecutivo di Giorgia Meloni, furbamente interpretando il sentimento popolare, prova a mettere in campo.
Con la stessa franchezza di sempre devo riconoscere però che questo sforzo del governo non basta. Affinché le disposizioni siano davvero efficaci, occorre bloccare del tutto le iniziative pubbliche di beneficenza degli influencer avviate e promosse attraverso i social network perché queste, in modo diretto o indiretto, portano a questi soggetti (e ai marchi a loro legati) indubbi vantaggi economici, incompatibili con le finalità della solidarietà e con i fini delle norme allo studio del governo. Gli influencer ottengono infatti ache evidenti vantaggi economici indiretti: lo fanno lanciando campagne solidali che attirano milioni di visualizzazioni e interazioni sui loro canali social, a tutto vantaggio delle aziende e dei marchi da loro sponsorizzati sugli stessi canali.
Così la solidarietà si trasforma inevitabilmente in attività commerciale: ecco la ragione per cui una stretta efficace sulle iniziative di tutti gli influencer italiani – soldi non sempre dichiarati al fisco e troppo spesso sfuggiti all’erario pubblico – non è rimandabile. Ma a patto di risolvere il problema una volta per tutte: non di apporre la solita, italica toppa per coprire – ancora un po’, fino alla prossima volta – il buco.