Hanno scoperto l’acqua calda: anche giudici e magistrati votano!


Mi colpisce molto, e addirittura impressiona, il falso sdegno, l’ipocrisia e l’infimo livello del dibattito messo in mostra da tutti coloro che sono insorti e sono pronti a mobilitarsi nei confronti del consigliere della Corte dei Conti Marcello Degni, “reo” di aver confessato come la pensa politicamente (ovvero: di sinistra). Un coro di (finte) anime belle, infatti, sta gridando allo scandalo per due fatti normalissimi e anzi addirittura tautologici: il fatto che anche giudici e magistrati abbiano un pensiero politico proprio, come garantito dalla Costituzione, e il fatto che questo pensiero politico non impedisca di svolgere la professione a tutto tondo, senza favoritismi, concessioni o preferenze.

Apriti cielo: ne è venuto fuori un caso nazionale. A quanto pare infatti, in molti si sono accorti tutto insieme che anche gli uomini e le donne che chiamiamo a giudicarci vivono sul pianeta Terra, seguono i talk show, votano alle elezioni e magari litigano a tavola con i parenti su Meloni, Salvini, Schlein, Conte e così via come noi comuni mortali. Fino a ora non se n’erano forse resi conto: ma proprio questa finta sorpresa, questo menzognero incredulo stupore per un’evidenza assoluta e consueta in tutti i Paesi del mondo (qualcuno pensava forse che le magistrature nazionali fossero estratte da una lista di refrattari alla politica, da un elenco di non votanti?) è quanto di più assurdo si possa vedere nel corso di un dibattito nazionale: farebbe ridere, se non facesse piangere.

Forse Degni avrebbe fatto davvero meglio a tacere: non perchè abbia sbagliato – per me non lo ha fatto assolutamente – ma solo per rispettare quelle convenzioni, quelle finzioni sociali che da sempre esistono nel nostro Paese e che purtroppo, temo, esisteranno ancora a lungo. Un Paese che affronta un dibattito del genere è ancora lontano dalla comprensione di un fatto banale: e cioè che la natura politica e “partigiana” dei giudici, specie se condivisa in piena trasparenza, può risultare neutralizzata dalla prassi dell’attività giudiziaria e giurisdizionale.

Non siamo pronti, a quanto pare, per una discussione di livello più alto: è ancora il momento della scoperta dell’acqua calda. A meno di non voler fare una piccola (grande) rivoluzione di pensiero, in questo nostro Belpaese: e affermare una volta per tutte che se le cose sono esplicitate con chiarezza, come negli Stati Uniti, eventuali conflitti di appartenenze finiscono disinnescati una volta per tutte.

 

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