La storia si ripete, ma contro la vita e la salute dei tarantini!


La storia si ripete: gli indiani sapevano dire bugie allora, e sanno dire bugie oggi. E il governo si faceva infinocchiare allora e si fa infinocchiare oggi.. Ben sapendo che lo fa volontariamente, contro la vita e la salute dei tarantini!

Facciamo un passo indietro: nel 2018 l’allora Ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio – quello che diceva di aver risolto la crisi dell’ILVA in 3 mesi – convocò un incontro con Arcelormittal al Ministero. All’incontro prese parte il Codacons per il suo ruolo di Associazione ambientalista, costituita in giudizio contro Arcelormittal avanti al Tribunale di Taranto: contestavamo le inadempienze dell’acciaieria riguardo agli impegni presi con i precedenti governi in relazione al risanamento del ciclo di lavorazione dell’acciaio (dai forni ai  depositi di combustibile fossile all’aperto e alle polveri di carbone generate), nonché al risanamento ambientale. Il Governo Gentiloni non si era costituito in giudizio ed il Codacons era l’unica ONLUS, organizzazione “parapubblica” come riconosciuta dal Consiglio di Stato, presente in giudizio in assenza della P.A..

All’incontro partecipai in prima persona, accompagnato dai responsabili dei settori Salute e Ambiente, Agostino Messineo e Livio Giuliani, e con uno degli avvocati rappresentanti l’associazione davanti al Giudice di Taranto (Vincenzo Rienzi).

Durante l’incontro, cui partecipò il Sig. Mittal, la multinazionale presentò un piano molto incoraggiante, che con un cronoprogramma accelerato prometteva interventi in tutte le aree critiche dell’approvvigionamento e della produzione: ad esempio, assicurando la copertura dei depositi del carbone, che veniva sbarcato dalle navi carbonifere e stoccato in depositi all’aperto, prima di entrare nel ciclo di produzione. Grazie a questa copertura si riteneva di poter azzerare la diffusione di polveri da tali depositi, superando l’inquinamento aereo conseguente. Scopo dell’incontro era la valutazione del governo sul piano di mitigazione e risanamento, richiesto per formalizzare il passaggio dell’acciaieria dai commissari di governo alla società franco-indiana, secondo le intese già concluse dalla stessa società con il Governo Gentiloni. Neanche a dirlo, il piano fu gradito al Ministero dello Sviluppo Economico e di lì a poco fu formalizzato: Arcelormittal entrò nella piena proprietà dell’acciaieria, il resto è storia nota. Meno noto il corollario: le promesse dei compratori stranieri – che poi in gran parte non furono mantenute, come purtroppo sappiamo bene, a tutto danno dei contribuenti italiani – non ci sembrarono sufficienti, tanto da non revocare la costituzione del Codacons in giudizio. Evidentemente, avevamo ragione noi.

Oggi, più di sei anni dopo, siamo da punto e a capo: gli indiani continuano la messa in scena. Non forniscono le informazioni necessarie per attuare il salvataggio delle imprese dell’indotto, non le pagano, di investimenti non hanno la minima intenzione ma strepitano a più non posso. Più italiani degli italiani, fanno tante promesse ma di fatti neanche l’ombra.

Mentre il governo scarta una soluzione alternativa dopo l’altra, e di nuovo capitola di fronte a qualsiasi pretesa pur di non ritrovarsi per le mani la patata bollente di Taranto, questi indiani che piacerebbero a Totò, è evidente, se la godono: mentivano prima, mentono ora, ma hanno capito da tempo di aver trovato qualcuno che è disposto ad ascoltare le loro filastrocche.

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