Mentre nel mondo succede di tutto – guerre, crisi climatiche, esperimenti militari, nuove epidemie e così via – c’è un posto incantato dove non succede mai nulla, dove la tranquillità regna sovrana e succedono sempre più o meno le stesse cose: questo posto è la stampa italiana al completo, non a caso in crisi permanente di lettori e ormai finita in fondo a tutte le classifiche sulla libertà di stampa.
In questo giardino mite e placido le giornate – ricordate il film “Ricomincio da capo“? – sono tutte uguali, fotocopiate, reiterative, identiche. Prendiamo il quotidiano più noto, e più letto, d’Italia: mentre sul globo terracqueo accade qualsiasi cosa sia possibile immaginare, vi si legge – un’intera pagina! – di Fedez e al suo intervento in tema di salute mentale, giovani e social network. Ma non è che l’ultimo di una serie di articoli dedicati al tema: tanto che oramai quello di cui parliamo sembra diventato l’organo di stampa ufficiale dei Ferragnez. Prima l’intervista a Chiara Ferragni (con lo scandalo del pandoro-gate derubricato a fake-news e semplice errore di comunicazione), poi l’intera pagina dedicata a Fedez: sembra, davvero, che al mondo non succeda nient’altro.
Anche il pubblico si è stancato di leggere aggiornamenti e notizie su vicende private che non avrebbero mai dovuto riguardare la collettività, e che in ultima analisi non la interessano minimamente. Ma i “giornaloni”, come li chiamano in molti, non desistono e concentrano il tiro sugli stessi temi con ancora maggiore accanimento, neanche fosse una faccenda personale. Peccato – visto che siamo in argomento.. – che omettano sempre di specificare la cosa essenziale: ad esempio, che uno dei principali problemi dei giovani è rappresentato proprio dagli influencer e dai messaggi sbagliati che questi veicolano attraverso i social. Sarebbe bastato sfogliare gli studi pubblicati a livello internazionale, e pure in casa nostra: una recente ricerca afferma che nel 75% dei casi i giovani confrontano il proprio corpo con quello mostrato dagli influencer, e quasi la metà ha dichiarato di aver cambiato regime alimentare per provare a somigliare di più ai propri idoli; il 31% che ha provato a emulare diete e allenamenti proposti dagli influencer e il 40% dei giovanissimi intervistati ha sviluppato sentimenti di depressione, ansia, gelosia e invidia. Capito, di cosa stiamo parlando?
Tutto queste evidenze, tutte queste verità però, ai signori della stampa italiana, non interessano. Sono loro – gli stessi che pontificano su fake news e post-realtà – a decretare cosa è vero e cosa no, a cosa dovremo interessarci e quanto, cosa fa (e cosa non fa..) notizia. E se bisogna ribaltare la realtà per mettere da parte le questioni spigolose, lo si fa senza problemi. Mentre si moltiplicano articoli e servizi a pagamento nel silenzio distratto dell’Ordine dei Giornalisti è più quello che si tace di quello che si dice.
Chiarito che non si parla di Gaza (a proposito: a quanto è arrivata la conta dei morti, qualcuno lo sa?) e che non si parla del fallimento della famosa “controffensiva” degli ucraini (qualcuno vi ha spiegato come mai, dopo tante chiacchiere e promesse, da quelle parti ad avanzare i russi?) non si parla neanche dell’economia in affanno, della desertificazione industriale, del potere d’acquisto crollato, del divario in crescita esponenziale tra Nord e Sud, della crescita della spesa militare, di quello che accade altrove (a prescindere da come la si pensi, sapete che la Germania ha appena legalizzato la cannabis? No, vero?) e neanche di quello che accade qui (qualcuno vi ha raccontato che prima ancora della prima pietra il Ponte sullo Stretto è già sotto indagine?).
Insomma: l’informazione in Italia magari sente pure, ma comunque non vede e non parla. Non si dibatte di nulla, o almeno nulla che non sia del tutto innocuo e divagatorio. “Legge bavaglio” o no, i media imbavagliati lo sono già per conto proprio. L’attività informativa certo è continua, instancabile, ossessiva quasi, ma facendoci caso propone una ciclica riproposizione degli stessi temi, argomenti, soggetti. Ribaltando il motto, ogni giorno è la stessa storia: nulla cambia perché nulla cambi.
Non possiamo certo prendercela con i Ferragnez che, da questo punto di vista, fanno solo il loro mestiere (apparire, apparire, apparire..) e non sono certo i responsabili della cancellazione selettiva dalle questioni che veramente interessano ognuno di noi. Non è – almeo in questo caso – colpa loro: se non toccasse a loro, altri prenderebbero il loro posto. Anche se credono (illusi!) di dominarlo, sono solo gli strumenti di questo gioco: e come loro tantissimi altri. Distrattori inconsapevoli dalla realtà, figurine da sbattere sul giornale per farci dimenticare che da qualche parte, a forza di girare pagine, una notizia degna di questo nome prima o poi dovremmo pure trovarla.
Di quelli che tirano i fili, di quelli che siedono nelle stanze dei bottoni invece, e come al solito, non sappiamo quasi nulla: strano, ché della svendita dell’editoria italiana e della sua genuflessione al potere sarebbe davvero il caso di sapere qualcosa. Anzi: per rispetto delle nostre intelligenze, chi comanda chi, chi ha comprato cosa, è la prima cosa che dovremmo conoscere. Ma non starete mica cercando ancora notizie reali, autentiche, impietose sui giornali pubblicati in questo sfortunato Paese, vero amici?