IL CODACONS: DEVONO ESSERE LE DONNE E NON I MEDICI A DECIDERE SULLA RIMOZIONE DELLE PROTESIE INTANTO GIA’ 180 DONNE HANNO PRESENTATO QUERELA PER LESIONI GRAVISSIME CONTRO IL COSTRUTTORE E HANNO CHIESTO TRAMITE IL CODACONS 1,8 MILIONI DI EURO DI RISARCIMENTO
Il Codacons accoglie con soddisfazione la decisione del Tar del Lazio (Presidente Italo Riggio, Rel. Giulia Ferrari) che, in merito al ricorso sulle protesi Pip promosso dall’associazione, ha ordinato al Ministero della Salute di rivedere entro 20 giorni il provvedimento con il quale ha fissato limiti all’espianto e al reimpianto.
“Il Tar con una clamorosa ordinanza ha confermato in pieno la nostra tesi, secondo la quale devono essere le donne che hanno subito l’impianto delle protesi, e non i medici, a decidere sulla rimozione delle stesse, anche in assenza di danni fisici o di una precisa indicazione medica – spiega il Presidente Carlo Rienzi – La paura e lo stato psicologico di angoscia determinato dallo scandalo che ha coinvolto le protesi Pip, sono elementi sufficienti a giustificare l’espianto e il reimpianto a totale carico del SSN”.
Il Tar con l’ordinanza di oggi ha ritenuto necessario “che il Ministero della Salute riveda il provvedimento impugnato valutando la possibilità di estendere i principi nello stesso fissati, in relazione all’espianto e al reimpianto, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, delle protesi P.i.p., alle donne che lo richiedano, inserendo in coda alla liste di attesa le istanti che non abbiano una prescrizione medica che ha attestato la necessità della sotituzione“.
Non solo: i Giudici hanno anche considerato che “l’infiammazione che tali protesi provocano e anche solo il timore dei danni alla salute che a lungo periodo le stesse protesi possono ingenerare giustificano l’intervento del sistema sanitario nazionale“.
Queste invece le linee guida cha abbiamo contestao e sono sospese “in assenza di segni clinici diagnostici, qualora la persona portatrice presenti una persistente preoccupazione relativa alla rottura delle protesi o alle conseguenze della rottura della stessa ed il medico ritenga la preoccupazione ragionevole, anche in considerazione del tempo trascorso dall’impianto, il medico può proporre l’espianto, ove reputi che gli effetti del medesimo possano essere significativi per il benessere psichico della persona“.
L’associazione ricorda come già 180 delle 4.000 donne che in Italia hanno subito l’impianto al seno, hanno presentato attraverso il Codacons querela per lesioni gravissime contro l’azienda produttrice, chiedendo inoltre un indennizzo pari a 1,8 milioni di euro nei confronti del Ministero della Salute e di quello per lo Sviluppo Economico in relazione agli omessi controlli.
Tutte le pazienti che hanno subito impianti al seno con protesi Pip, possono ancora aderire all’azione risarcitoria del Codacons seguendo le istruzioni riportate sul sito www.codacons.it