Con il tour televisivo di Corona la Rai ha toccato il fondo


Sta facendo discutere, da giorni, il tour di Fabrizio Corona nelle reti di Stato, dove – prima a Domenica in (Rai1), poi a Belve (Rai2), infine ad Avanti Popolo (Rai3), ospite di Nunzia De Girolamo – ha parlato del tema del momento: il calcio-scommesse, e la duplice inchiesta – giudiziaria e sportiva – che ha coinvolto nomi di primo piano della Serie A e della Nazionale.

O meglio, avrebbe dovuto parlare, visto che la maggior parte delle sue comparsate si sono poi risolte nel solito vortice auto-referenziale cui ormai siamo abituati, in un infinito approfondimento del personaggio-Corona: un tema che a quanto pare non appassiona più di tanto gli spettatori, a giudicare dai risultati in termini di share (“Faremo il 15% di share”, aveva annunciato lo stesso Corona nei giorni precedenti: i dati sono invece decisamente più bassi, e in linea con le tendenze – non esattamente da record – del neonato programma della De Girolamo).

A ogni modo, in Italia si dibatte – e molto – del cachet riconosciuto al paparazzo più famoso del Paese. Parliamo di soldi sborsati dai contribuenti e ora nelle tasche di un personaggio per anni finito nel dimenticatoio, soldi che non hanno risparmiato una doppia beffa: non solo la trasmissione di RaiTre è stata superata da tutti gli altri in onda, ma l’intervistato a telecamere spente ha anche denunciato (via Instagram) una qualche censura

Sono stato censurato! Non me lo aspettavo! Mi dispiace per tutti voi. Purtroppo non ho potuto, come mi avevano garantito questa mattina, dire quello che volevo, mostrare in tv il grande lavoro che sto portando avanti da sei giorni senza dormire con il mio amico Moreno

Ora, sia chiaro: non è in discussione la libertà di Corona di presenziare come ospite ai programmi televisivi. Non è questo il problema, anche in considerazione del fatto che più volte la Rai ha invitato nelle sue trasmissioni personaggi controversi o diseducativi (come nel caso di Fedez a Sanremo o al concertone del primo maggio).

Quello che contesto, semmai, è la disperata ricerca di audience da parte della rete di Stato, che ricorre ai soldi pubblici dei cittadini raccolti attraverso il canone per invitare ospiti a pagamento nel tentativo di alzare gli ascolti in crisi.

Di fronte a questi fatti, come si fa a non dare ragione alla dura protesta di Cristiano Tinazzi, giornalista attualmente in Ucraina per seguire lo guerra con la Russia e collaboratore della Tv di Stato, il quale – venuto a conoscenza del cachet di Corona – ha pubblicato un tweet al veleno contro la Rai e lo stesso paparazzo?

«È bello sapere che la Rai paga un cialtrone 40mila euro per farsi trattare a pesci in faccia quando poi i freelance come noi li paga 0 per chiamarli come ospiti in trasmissione dalle zone calde del mondo e che io quella cifra la guadagno passando circa 8 mesi in zona di guerra».

Questa è la Rai di oggi, che dimentica i giornalisti e insegue (invano) un pubblico che scappa a gambe levate: pensare che Fabrizio Corona e i suoi “scoop” siano ormai una classica espressione di quello che ci propina la TV – anzi, peggio: il servizio pubblico! – fa davvero mettere le mani nei capelli.

Con il tour televisivo di Fabrizio Corona la Rai ha toccato il fondo, e viene da chiedersi: ma come si è ridotta la Tv di Stato, costretta a raggranellare ascolti, a inseguire telespettatori che inevitabilmente la abbandonano? Restituire la luce dei riflettori a un personaggio finito – diciamolo: giustamente! – nell’oblio è davvero il modo giusto per recuperare la stima e l’affetto del pubblico?

Io, lo avrete capito, non lo credo affatto: e le trasmissioni di Viale Mazzini continueranno a colare a picco andando avanti di questo passo. Vedremo come andranno le cose, ma una cosa intanto è doverosa: abbiamo deciso di presentare una istanza al CdA Rai volta ad ottenere i dai sui cachet riconosciuti al paparazzo, e un esposto alla Corte dei Conti affinché verifichi la congruità e la correttezza delle spese sostenute dalla rete. Sui soldi dei cittadini, Fabrizio Corona o no, non è più il caso di scherzare.

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