L’Italia è una Repubblica fondata sui rincari


Mentre i soliti distratti esaltano a reti unificate la “frenata” dell’inflazione – come se uno zero virgola in meno, letto su uno smartphone, si trasformasse immediatamente per i cittadini comuni in pecunia contante nel portafogli – a chi ha ancora un briciolo di onestà intellettuale tocca il compito (sgradito) di dire le cose come stanno veramente. Per cambiare la realtà, infatti, non basta purtroppo dire che non è vero: magari fosse così.

Ecco, le cose stanno in questo modo: non c’è nessuna “frenata”, siamo di fronte a una semplice illusione ottica dovuta al ribasso delle bollette di luce e gas. Ma, come tutti noi vediamo con i nostri occhi ogni giorno, i beni più acquistati dalle famiglie – dagli alimentari al carrello della spesa – continuano a crescere a ritmi vertiginosi. Tutto rincara, senza ormai soluzione di continuità: punto e basta.

La schiettezza, si sa, non fa stare simpatici: ma almeno, con la verità in mano, è possibile fare qualcosa di utile. E la realtà è questa: energia a parte (e ci mancava solo, dopo rincari senza precedenti storici), per tutti gli altri prodotti siamo ancora in piena emergenza-prezzi, con il carrello della spesa che sale del 12,6% su anno. L’inflazione al 7,6% equivale ad una maggiore spesa pari a +2.223 euro annui per la famiglia “tipo” che sale a +2.879 euro per un nucleo con due figli: un salasso, senza mezzi termini, che sta falcidiando le retribuzioni e quindi deprimendo i consumi interni del nostro Paese, con conseguenze gravissime sull’intero sistema produttivo (ormai a grave rischio deindustrializzazione). L’Italia, ormai, è una Repubblica fondata sui rincari.

C’è, però, pure di peggio: l’elemento forse più preoccupante di tutti riguarda le fortissime le differenze territoriali sul fronte dei prezzi al dettaglio. Tanto per fare un esempio, è Genova la città dove l’inflazione cresce di più a marzo (con un tasso del 9,8%), mentre all’estremo opposto c’è Potenza, dove i prezzi aumentano “solo” (si fa per dire) del 4,8% su base annua; a Bolzano e Milano, poi, le ricadute più pesanti, con la famiglie “tipo” che a causa dell’inflazione spende oltre 2.200 euro in più su base annua. La lista completa è eloquente.

Mentre i cosiddetti “sovranisti” delle nostre latitudini, messi di fronte a una vera questione nazionale, non sanno proprio che pesci pigliare e rimandano iniziative significative per il rilancio dei consumi, la mappa d’Italia si frammenta empre di più; come se la tanto decantata “autonomia differenziata” fosse, in questa fase, una cosa che riguarda soprattutto i nostri portafogli.

Non esattamente quello che ci avevano promesso: ma non è certo la prima volta. Non è così, amici?

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