La legge è uguale per tutti, anche sul palco di Sanremo


E così, alla fine, la Procura di Imperia ci ha dato ragione e ha accolto in pieno l’esposto presentato dal Codacons lo scorso 8 febbraio in cui si chiedeva di procedere nei confronti del cantante Blanco per la possibile fattispecie di danneggiamento: all’indomani della sfuriata di Blanco sul palco dell’Ariston – quando il cantante ha smesso di cantare il suo nuovo singolo «L’Isola delle rose» a causa di problemi tecnici e ha improvvisamente iniziato a prendere a calci il «giardino di rose» allestito sul palco, facendo letteralmente a pezzi la composizione floreale preparata per l’esibizione – l’Associazione aveva infatti depositato un formale esposto alla magistratura di Imperia. Nell’atto si chiedeva alla Procura di Imperia di procedere in base all’art. 635 del codice penale, visto il danneggiamento della scenografia e il conseguente spreco di soldi pubblici.

Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.

Non si trattava, come hanno detto alcuni, di una denuncia surreale o provocatoria: tutt’altro, si trattava (come sempre, nella vita) di un principio da difendere. Già al momento del colpo di testa di Blanco, infatti, una parte del pubblico dell’Ariston l’aveva fischiato; e in moltissimi, tra social e blog, avevano stigmatizzato un comportamento tanto irrispettoso. Queste persone hanno compreso, istantaneamente e senza bisogno di ulteriori riflessioni, che quanto accaduto aveva qualcosa di anomalo: oltre all’aspetto penale, la distruzione operata in diretta nazionale ha infatti prodotto un evidente danno economico ai cittadini. La scenografia dell’Ariston è infatti stata pagata dagli utenti italiani, che finanziano la Rai attraverso il canone, e il caos che ha fatto seguito all’esibizione ha determinato uno spreco di soldi pubblici inequivocabile, esplicito, addirittura rivendicato pubblicamente (“mi sono divertito!“) dall’autore del (mis)fatto.

La Legge, però, è Legge: rimane tale sul palco dell’Ariston e altrove, senza alcuna differenza e senza guardare in faccia a nessuno. Non può, e non deve, fare figli e figliastri. Non si tratta di enormizzare l’accaduto, come dicono alcuni: “ma che sarà mai, i problemi sono altri”. Non è così: al di là della volgarità del gesto e della sua inopportunità, distruggere la scenografia del Festival potrebbe configurare veri e propri reati – come accadrebbe a chiunque altro, se devastasse una pubblica aiuola o un giardino comunale. Per questa semplicissima ragione, raptus artistico o meno, l’evoluzione dei fatti è stata inevitabile: e il cerchio si è chiuso con l’annuncio della Procura che, accogliendo la nostra richiesta, ha deciso di procedere proprio per la fattispecie di danneggiamento.

Spiegato il principio, chiarito la ratio del nostro intervento, per quanto riguarda il seguito staremo a vedere. Crediamo che l’indagine debba essere estesa anche alla Rai, allo scopo di accertare se vi siano state possibili complicità da parte dell’organizzazione del Festival di Sanremo; e crediamo che, se il reato sarà confermato, la palla debba passare alla Corte dei Conti per le dovute azioni sul piano contabile, finalizzate a ottenere dall’artista il ristoro dei danni erariali.

Per ora abbiamo ottenuto un ottimo risultato, di cui siamo davvero soddisfatti: ri-affermare il principio che la Legge è uguale per tutti. Un fatto non da poco, ma anzi importantissimo, in questo tempo che sembra azzerare tutti i principi e tutti i valori.

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