ITA, una storia di antica inefficienza


La vecchia compagnia Alitalia, conti alla mano, è costata in 47 anni la bellezza di 13 miliardi di euro alla collettività, attraverso salvataggi pubblici, prestiti e altri interventi da parte dello Stato che, tuttavia, non sono bastati a tenere in piedi l’azienda. Oltre a questo, è costata anche in termini altri: disservizi, cancellazioni, ritardi di ogni tipo. Al momento in cui Alitalia ha interrotto l’attività i problemi non si contavano più, l’inefficienza regnava sovrana, le perdite erano alle stelle. Per questo, al momento del passaggio da Alitalia a ITA è cambiato – apparentemente – tutto: nome, livrea, simbolo. La “discontinuità” con Alitalia – come se si trattasse di un passato scabroso, da ricacciare al più presto negli angoli della memoria – era d’altra parte la principale richiesta che la Commissione Europea ci chiedeva. E in effetti, a prima vista, il colpo d’occhio è differente: ma poi, approfondendo l’esperienza, le continuità “inconsce” emergono eccome. Quello che non cambia (mai!), a dispetto di ogni piano di ristrutturazione e ogni piano di rilancio, è invece l’efficienza della compagnia. Quella, davvero, impossibile da modificare.

Esempio di vita vissuta.

Oggi, tutti i voli delle compagnie low-cost tra Cagliari e Roma – teoricamente in sciopero – sono partiti regolarmente. ITA, unica compagnia che non avrebbe scioperato, e che aveva un solo volo (11:05) in programma, prima lo ha spostato alle 12:00, poi – visto che l’equipaggio si è presentato, fresco e riposato, alle 11:45 – di nuovo alle 12.25. Altri problemi sono seguiti a bordo, dove i passeggeri sono stati informati del fatto che – mentre le compagnie di tutto il mondo investono sempre più risorse sui servizi di bordo, a partire proprio dai pasti e dalle bevande offerti ai passeggeri – per “per problemi tecnici” il servizio catering non sarebbe stato “disponibile“. Quali problemi tecnici impediscano di distribuire qualcosa per rendere più gradevole il viaggio, rappresenta un mistero totale; si capisce che non è il caso di domandarlo, e dall’equipaggio nessuna spiegazione.

Insomma, tanto per riassumere quanto accaduto: la solita odissea, per un normalissimo volo interno nazionale.

Ora, io una domanda la pongo: siccome la compagnia è di proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze – “e cioè dei contribuenti italiani“, come ammesso pubblicamente qualche mese fa – cosa dovrebbe dire il contribuente di fatto a esperienze del genere?

Dobbiamo dimostrare al contribuente italiano che questa volta staremo attenti all’uso che facciamo del loro capitale, questo è l’obbligo che ci sentiamo chiaro in testa. Questo deve essere il vero cambiamento di mentalità“.

Alfredo Altavilla, presidente ITA

Il timore, anche stavolta, è che la montagna abbia partorito il topolino: che i problemi e i disagi di questi mesi non siano episodici, non siano conseguenza della fase di avvio della nuova compagnia, ma rappresentino le solite – eterne – questioni di ieri.

Io, davvero, vorrei credere alle discontinuità, ai cambiamenti improvvisi, alle epifanie. Purtroppo, per esperienza personale, credo solo ai fatti. Se ITA vuole guadagnarsi il rispetto e la fiducia dei cittadini, deve ora cambiare strada rispetto ad Alitalia, che aveva riservato ai suoi passeggeri esperienze sciagurate e francamente intollerabili.

Invertire rotta, subito: una manovra difficile, per piloti esperti, certo.

Ma, a volte, la sola manovra che garantisce un futuro.

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