Basilicata, terra di scorie nucleari

Cari amici,

oggi vi porto a Rotondella, un piccolo comune della provincia di Matera.

Con i suoi soli 2700 abitanti, è considerata il “balcone dello Ionio” per la posizione invidiabile da cui si gode della vista di tutta la costa ionica.

A non essere invidiabile è invece la presenza proprio a Rotondella di scorie nucleari di origine americana. Chi l’avrebbe mai detto?

Si tratta di barre di Elk River, un combustibile irraggiato uranio-torio, stoccate all’interno dell’impianto ITREC – Impianto di Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile – di Rotondella da quasi mezzo secolo.

Vi racconto brevemente la storia.

L’ITREC fu costruita alla fine degli anni ’60, frutto della collaborazione tra il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN) e il suo omologo americano, l’Atomic Energy Commission.

Lo scopo era quello di valutare la convenienza economica del ciclo uranio-torio rispetto al ciclo uranio-plutonio, per la produzione di energia nucleare. Così 84 barre di Elk River finirono in Basilicata.

Tra il 1975 e il 1978 alcune di queste barre furono impiegate per la sperimentazione dell’impianto. I risultati però non furono soddisfacenti e si resero necessarie alcune modifiche all’impianto stesso.

I lavori di rettifica furono programmati, ma nell’aprile 1986 un evento mutò inesorabilmente il rapporto tra opinione pubblica ed energia nucleare. Mi riferisco al disastro nucleare di Cernobyl.

Un evento disastroso che terrorizzò gli italiani al punto tale che al referendum sul nucleare la maggior parte votò per il “sì”, abrogando una serie di norme e orientando le successive scelte dell’ Italia in ambito energetico verso una direzione di sfavore nei confronti del nucleare.

E così l’attività della centrale ITREC cessò, ma quelle barre non furono mai rispedite al mittente. Per Rotondella iniziò un lungo e tortuoso cammino di liberazione, non ancora terminato.

Questo perchè l’Elk River, a causa della sua natura sperimentale non può essere riprocessato in nessun impianto al mondo: da allora le 64 barre rimaste, con il loro carico di 72 kg di uranio e 1.600 kg di torio, vengono custodite in una piscina di 30 metri quadrati e alta 7 metri. In attesa che qualcuno trovi una soluzione definitiva.

Negli anni i vari governi si sono ingegnati per raggiungere un accordo con gli americani e porre fine a questo capitolo. Senza alcun risultato.

Nella notte del 29 luglio 2013 – in uno scenario da film di spionaggio internazionale – trecento uomini delle forze dell’ordine circondarono il perimetro del centro di Rotondella, scortando in tutta segretezza un camion per il trasporto di materiale speciale che uscì dai cancelli diretto all’aeroporto militare di Gioia del Colle per “il rimpatrio di materiali nucleari sensibili di origine americana”.

Tutti pensarono immediatamente alle 64 barre di Elk River, nella speranza di cantare finalmente vittoria. Ma pochi giorni dopo la notizia venne smentita: ad essere rimpatriati furono infatti soltanto i 1050 grammi di biossido di uranio.

Insomma, l’epopea di Rondella sembra destinata a non finire e il timore – del tutto legittimo – dei cittadini è che non solo le barre di Elk River non se ne andranno, ma che a Rotondella potrebbero convergere tutte le scorie nucleari d’Italia.

Come dargli torto? Riusciranno mai i lucani a liberarsi di questa spada di Damocle?

A presto,

Carlo

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