Un’epidemia silenziosa

Cari amici,

ha soltanto 12 anni la ragazzina che ieri, a Pordenone, si è gettata dal balcone di casa per farla finita. Non ne poteva più delle angherie e dei continui episodi di bullismo da parte dei suoi compagni di scuola a cui ha lanciato un messaggio forte e chiaro: “Adesso sarete contenti”. Fortunatamente la caduta è stata attutita dalla tapparella aperta di una finestra del primo piano e la bambina, pur in condizioni gravi, non è in pericolo di vita. Ma – da quando ho appreso la notizia – la domanda che continuo a pormi è: si può arrivare a tanto?

Quello di Pordenone è solo l’ultimo di una lunga serie di casi, buoni per riempire le pagine della cronaca nazionale, per suscitare condanne a destra e a manca, ma non per accelerare i tempi dell’approvazione di quel disegno di legge sul cyberbullismo, fermo alla Camera da maggio 2015.

Ricordo, a chi non avesse ben chiara la situazione, alcuni episodi: a settembre, nella provincia di Vercelli, un ragazzo di 26 anni si è impiccato, dopo essere stato chiuso in un bidone, costretto a indossare un sacco dell’immondizia, denigrato e insultato a lavoro e in strada. E, cosa ancor più grave, le immagini di quei terribili momenti sono finite sui social network. Lo stesso è accaduto ad una 14enne della provincia di Novara: si è uccisa, buttandosi dal balcone di casa, perchè sul web circolava un video che la ritraeva ubriaca ad una festa. Quel video – diventato virale – aveva raccolto svariati commenti con offese, insulti e minacce anche da persone che non la conoscevano. Prima di morire, Carolina aveva lasciato poche righe: “Le parole fanno più male delle botte. Ma a voi non fanno male? Siete così insensibili?”.

Se questi esempi non dovessero bastare a restituire la tragicità del fenomeno, l’Istat, nel report “Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi”, dipinge un quadro ancor più allarmante.

Secondo l’Istituto, infatti, almeno un ragazzino su due è stato vittima di bullismo o di cyberbullismo, in particolar modo le ragazze. Tra le 11-17enni si registra, infatti, una quota più elevata di vittime: il 7,1% delle ragazze che hanno accesso ad Internet o usano il telefono cellulare sono state oggetto di vessazioni continue, contro il 4,6% dei ragazzi.

A rischiare di più sono i ragazzi più giovani rispetto agli adolescenti, e il caso di Pordenone ce lo conferma. Circa il 7% degli 11-13enni dichiara di essere stato vittima una o più volte al mese di prepotenze tramite cellulare o Internet nell’ultimo anno, mentre la quota scende al 5,2% se la vittima ha un’età compresa tra i 14 e i 17 anni.

Per quanto riguarda le offese, l’Istat ci dice che le più comuni sono brutti soprannomi, parolacce o insulti (12,1%), derisione per l’aspetto fisico e/o il modo di parlare (6,3%), diffamazione (5,1%), esclusione per le proprie opinioni (4,7%).

Ma la violenza fatta dal bullo non è solo psicolgica, anzi. Aggressioni con spintoni, botte, calci e pugni sono denunciate dal 3,8% dei ragazzi. Il 16,9% degli 11-17enni è rimasto vittima di atti di bullismo diretto, caratterizzato da una relazione vis a vis tra la vittima e bullo e il 10,8% di azioni indirette, prive di contatto fisico.

Insomma, se non fosse ancora abbastanza chiaro, la situazione è davvero drammatica. Il fenomeno è in aumento e cresce in maniera direttamente proporzionale all’inefficienza del nostro governo. In Italia, infatti, non esiste un reato di cyberbullismo o di bullismo in generale. Esiste però, come vi ho già anticipato, un disegno di legge – approvato, tra l’altro, in Senato con voto unanime – che è però fermo alla Camera da quasi un anno. Quel disegno di legge non prevede sanzioni – punto su cui si potrebbe discutere – ma contribuisce a chiarire una materia ancora troppo nebulosa, rivalutando il valore e l’importanza dell’educazione e della sensibilizzazione nelle scuole.

Abbiamo ancora tanta strada da fare da questo punto di vista, ma perchè bloccare l’unico passo in avanti fatto fino ad ora?

Un saluto,

Carlo

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