Mi volevano truffare al telefono (e ora rifiutano pure di fornirmi i dati del truffatore)


Pensavo – in tanti anni di professione, sia in qualità di avvocato sia nelle vesti di presidente della più nota associazione dei consumatori in Italia, il Codacons – di averle viste tutte, o quasi; ma evidentemente è vero che – come si dice – nella vita c’è sempre qualcosa da scoprire. Peccato, però, che in questo caso di “nuovo” non ci sia nulla: mi è capitato infatti quello che da mesi e anni capita agli italiani a ogni ora del giorno e della notte, e cioè di subire un tentativo di truffa telefonica. Un grande classico, purtroppo, del nostro tempo e della nostra vita.

Nessuna sorpresa quindi per il fatto in sé – lo sanno anche le pietre che i tentativi di truffa si sono moltiplicati al ritmo dei gigabyte degli smartphone, e che per contare quelli che subiamo ogni giorno non bastano le dita di una mano – ma sono rimasto allibito dalle modalità: attraverso il servizio di messaggistica Whastapp, infatti, ho ricevuto un messaggio da parte del numero telefonico 3481960453 (numero che sembrerebbe appartenere a Vodafone), attraverso il quale il cyber-truffatore si fingeva un parente che aveva cambiato numero, affermando di essere in difficoltà e di aver bisogno di un bonifico urgente. Per rendere più credibile la recita, e per fare in modo che ci cascassi con tutte le scarpe, il criminale si è premurato anche di fornire l’IBAN su cui effettuare l’accredito dei soldi. Davvero un piano ingegnoso, studiato nei minimi dettagli: a essere disattenti, o superficiali, sarebbe stato senza dubbio possibile abboccare all’amo. Come capitato a tanti, tantissimi, anche in questi ultimi giorni.

La cosa davvero incredibile, però, è accaduta dopo. Una volta contattata, infatti, la compagnia telefonica ha rifiutato di fornire i dati circa l’intestatario dell’utenza da cui è partito il tentativo di truffa. Una scelta davvero incomprensibile, che ci ha costretto a chiedere alla Procura della Repubblica di Roma di valutare il comportamento dell’operatore telefonico: questi infatti, non intervenendo tempestivamente per bloccare il numero coinvolto nel tentativo di raggiro, potrebbe consentire al truffatore di realizzare altri illeciti a danno di altri utenti. Sulla base dell’art. 391 bis del codice di procedura penale, abbiamo inoltre chiesto di costringere Vodafone a denunciare l’intestatario dell’utenza da cui è partito il messaggio truffaldino. Insomma: è stata necessaria una vera e propria attività, che ovviamente non tutti i cittadini possono avviare e seguire ogni volta che subiscono un sopruso al telefono.

A me personalmente sembra assurdo trascinare ancora questo problema, ormai grave e sentito dai cittadini, e abbandonare un altro po’ gli italiani alla mercè di chiunque abbia un’idea criminale, di qualsiasi iniziativa truffaldina immaginabile, senza neanche un briciolo di proposte per uscire da questo tunnel infinito in cui ci siamo infilati. No, non è normale doversi domandare – di fronte a un messaggio di un figlio o parente che chiede aiuto – se si tratta della realtà o di una menzogna a scopo di lucro, fatta circolare da gente senza scrupoli che spera, sperando nel mucchio, che qualcuno ci caschi. Non è normale dover diventare poliziotti e investigatori, cercare incongruità e tracce, per riuscire a stabilire se chi ci sta parlando è davvero chi pensiamo che sia.

Doversi tutelare da mattina a sera, doversi guardare le spalle anche mentre si scorre lo schermo del cellulare, vivere immersi in una condizione paranoica, in una continua allerta da raggiro: ecco la vita che non volevamo, ma che i nostri politici (nell’eterno sonno che vivono in Parlamento, sempre più ciechi e sordi rispetto agli inumerevoli abusi perpetrati nei confronti di consumatori e cittadini) e le compagnie telefoniche (come sempre, rapide solo ad alzare le tariffe) ci stanno regalando. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, truffa dopo truffa.

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