Calcioscommesse: una pugnalata alla schiena degli sportivi!

Cari Amici,

è con amarezza che mi ritrovo a scrivere qualche riga dopo aver appreso – come tutti voi – del nuovo scandalo che sta travolgendo il calcio italiano. Invece di parlare di grandi giocate, di dribbling e goleador, ancora una volta ci ritroviamo a dibattere dei mali antichi del nostro sport, del nostro calcio, e – perchè no – del nostro Paese. “C’è gente che pagherebbe per vendersi“, diceva Hugo, e purtroppo è vero: i 50 arresti (oltre 15 calciatori, 6 presidenti di società sportive, 8 dirigenti sportivi, allenatori, direttori generali, 10 “finanziatori”), le partite truccate in serie D e Lega Pro, l’ombra della ‘ndrangheta ce lo confermano.

Il radicamento del malaffare nel tessuto sportivo italiano è talmente profondo che non basta una “Calciopoli” per estirparlo: questo, ormai, è un dato di fatto. Dallo scandalo “Totonero” del 1980 (che magari chi è più in là con gli anni, tra voi, ancora ricorderà) a oggi, gli scandali, le inchieste, le manette si sono ripresentati ciclicamente, tanto da confermare l’idea che – in realtà – non si siano mai allontanati. Che opacità e nefandezze siano rimaste, cioè, sopite, nascoste, taciute, in attesa di riemergere.

Il problema è che le cose non migliorano, quando il calcioscommesse lascia la scena: basti pensare alla battuta razzista di Tavecchio (“Optì Pobà mangiava le banane“) o all’uscita omofoba che il presidente della Lega Nazionale Dilettanti Belloli avrebbe (ha?) riservato alla parte migliore del nostro calcio (quelle “quattro lesbiche” che settimanalmente rincorrono un pallone, udite udite, senza riempirsi le tasche).

Insomma: bufera dopo bufera, la credibilità del sistema è ormai ridotta al lumicino. Chi si ricorderà di quei silenziosi, innocenti sportivi che ancora credono nello sport, e vi investono risorse, tempo, fatica ed emozioni?

A presto,

Carlo

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