QUANTE ALTRE SCOSSE DOVREMO ATTENDERE PER AVERE UN’ITALIA PIÙ SICURA?


Cari amici,

sono giorni particolarmente duri per le popolazioni terremotate del Centro Italia. E anche per chi, lontano da fasulle scenette commiseratrici, con tono sinceramente costernato si chiede se una tragedia simile poteva essere davvero evitata.
Mi sento di gridare a gran voce che si, poteva essere evitata! Conosciamo bene la morfologia dei nostri territori. Sui libri di geografia vengono segnate come zone più calde l’Appennino Centro-Meridionale e l’estremo Nordest; a voler essere del tutto onesti è l’intera penisola ad essere ad alto rischio sismico.
E allora, se conosciamo la natura dei nostri territori, cosa aspettiamo a intervenire? Anche parlando solo in termini biecamente economici – l’unico linguaggio conosciuto da buona parte dei nostri politicanti – prevenire, costruendo infrastrutture secondo l’attuale regolamentazione antisismica, costa meno che curare. Come ha sottolineato Francesco Peduto, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi: “solo la messa in sicurezza degli edifici può portare ad una mitigazione del rischio sismico”.
In effetti, le istituzioni sembrano avere poca memoria storica; non sono passati molti anni dai terremoti dell’Emila e dell’Aquila e, dopo il solito clamore con tanto di promesse salvifiche e una normativa antisismica più restrittiva, molte regioni non si sono affatto adeguate. La prova del nove l’abbiamo avuta in questi giorni!
Un fulmine a ciel sereno? No, un dramma prevedibile, eccome! Non a caso le Procure di Rieti e di Ascoli Piceno hanno aperto un’inchiesta su quegli edifici ristrutturati e crollati fin dalle prime scosse.
Anche noi vogliamo capire come siano effettivamente stati eseguiti i lavori di ristrutturazione. Pensiamo, ad esempio, alla vicenda della scuola Romolo Capranica di Amatrice, dove in un continuo rimpallarsi di responsabiltà, dal sindaco al costruttore, alla fine il titolare della Edil Qualità (responsabile dei lavori di ristrutturazione dell’istituto) ha ammesso di aver condotto un “miglioramento antisismico”. Miglioramento, non adeguamento antisismico, che prevede un più arduo lavoro e finanziamenti ben più sostanziosi!
Niente di nuovo sotto il sole, se pensiamo che già le inchieste del passato seguite ai terremoti hanno evidenziato come le ditte esecutrici dei lavori sostituissero – molto più spesso di quanto non si creda – al cemento la sabbia, allo scopo di risparmiare e lucrare sugli appalti. Una tesi sostenuta anche dal Procuratore di Rieti.
Peccato che per la riqualificazione di scuole, ospedali e altri edifici pubblici a rimetterci di tasca propria sono stati gli stessi cittadini, molti dei quali ci hanno rimesso pochi giorni fa anche la vita!
Ora, al di là delle dovute inchieste, cosa ci resta? Mi auguro non solo il macabro paesaggio di case distrutte, vie ostruite e paesi quasi interamente crollati.
Mi auguro che una volta per tutte venga portata avanti un’intelligente politica di investimenti che coinvolga enti pubblici così come privati. Pianificare in anticipo resta l’unico modo per far fronte alle catastrofi naturali, una consapevolezza che aveva già acquisito l’uomo preistorico!
Il primo passo è mettere in sicurezza luoghi strategici come scuole e strutture sanitarie, proprio per evitare quanto avvenuto all’ospedale di Amandola, che da luogo di soccorso si è trasformato in teatro di morte.
Servono serie politiche di incentivazione e l’obbligo del fascicolo del fabbricato, che funge da carta d’identità dell’infrastruttura, dove compare la data di realizzazione, le ristrutturazioni effettuate e il certificato sismico.
Certo, l’Italia è costellata di edifici molto antichi, che fanno parte di un invidiabile patrimonio artistico. Missione impossibile, in questi casi? No, solo più impegnativa! L’esempio virtuoso di Norcia ce lo conferma: dopo i terremoti del 1979 e del 1997 sono stati condotti diversi interventi antisismici. Infatti, l’attuale terremoto ha lasciato solo qualche piccolo segno: lesioni negli edifici storici, zero vittime.
“Ricostruire in fretta, ma ricostruire bene”, dunque, come ha detto il nostro premier, sperando solo che non sia il solito motivetto accattivante che finisce per aggiungersi all’asfissiante cumulo di macerie.

A presto,
CR

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *