Cari amici,
gli ultimi dati Istat ci dicono che il Pil per il IV semestre è pari a +0,1% mentre il Governo aveva previsto per l’anno 2015 una crescita dello +0,7%. Un tasso di crescita insignificante, direi, anche se il Ministro dell’Economia Padoan non ha accolto la notizia negativamente, dichiarandosi speranzoso. In realtà c’è poco da essere ottimisti: dal 2008 fino ad oggi in Europa l’Italia risulta il Paese che ha perso di più.
Andiamo per ordine: fino al 2013 il nostro bel, ma non altrettanto ben messo, Paese ha perso l’8,7% del proprio Pil, l’unica più vicina è la Spagna, che però sta sempre due passi davanti a noi (con una perdita del 7,8%).
E la ripresa? Mentre Francia, Germania, Spagna e Regno Unito si posizionano in pole position, l’Italia si muove a passo d’uomo. I più entusiasti possono ribattere: «però siamo usciti dalla fase di recessione!». Sicuramente, ma quanti pesanti fardelli gravano ancora sulle nostre spalle? Il lavoro, per esempio. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto la punta più alta con 3 milioni e 350 mila persone, per poi scendere nello scorso novembre a 2,8 milioni, un numero comunque preoccupante se confrontato rispetto all’inizio della crisi (nel 2008 i disoccupati erano 1,6 milioni).
Ma la parabola discendente non finisce qui: gli inattivi, cioè coloro che né cercano né trovano lavoro, si aggirano a un valore leggermente inferiore a quello del 2008, cioè ai 14,3 milioni. Tra tutti i Paesi europei oltre a noi solo la Romania si trova in condizioni simili.
Ricordiamo, poi, i pochi fortunati che trovano miracolosamente occupazione: a quanto pare, in lieve aumento. Peccato però che si tratta il più delle volte di persone tra i 55 e i 64 anni. Nessuna meraviglia se pensiamo alla politica del lavoro degli ultimi anni che ha molto insistito (riuscendoci) sull’estensione dell’età pensionabile. Restano però fuori i trentenni, coloro che hanno più sofferto la recessione economica. Nel 2008 il 70% di loro aveva un lavoro, sette anni dopo la percentuale retrocede al 60%, con picchi di disoccupazione che riguardano sopratutto il sud d’Italia.
Più che parlare di lieve crescita, in Italia c’è in realtà ancora molto da fare: il traguardo per una reale ripresa si intravede appena all’orizzonte.
A presto,
Carlo