Come annunciato con largo anticipo, è avvenuto l’incontro tra Chiara Ferragni e Liliana Segre intorno al tema del coinvolgimento dei ragazzi nella memoria della Shoah. La senatrice aveva segnalato, giustamente, come i visitatori al Memoriale che ricorda le vittime dell’Olocausto in Italia siano troppo pochi: per questo era nata l’idea di coinvolgere Chiara Ferragni, ora tradotta in realtà.
“Se Chiara Ferragni venisse qui con me, molti adolescenti si interesserebbero a questo argomento e verrebbero qui a vedere quel che è successo a me e a tanti altri, fra cui i tanti che non sono mai tornati dal viaggio verso l’orrore”.
L’ho detto con chiarezza dall’inizio: a questa idea cui ero, sono e resto contrarissimo (come potete leggere qui): l’influencer della Memoria – come concetto – non mi piace e non mi piacerà mai. Il dramma dell’Olocausto e la borsetta di Tizio o Pincopallo sono come il rosso e il verde: non si accordano bene.
Nella lettera che avevo indirizzato a Liliana Segre avevo posto 3 domande:
- Se è vero infatti che “tanti giovani” potrebbero interessarsi alla Shoah sfruttando la capacità di richiamo dell’influencer di turno, e che questo risultato in sé sarebbe senza dubbio positivo, non pensa che proprio la formula scelta per aumentare la partecipazione svuoterebbe del tutto la portata culturale della cosa? A che serve portare Claudio di Empoli, che tiene gli occhi fissi sulle scarpe dello stilista di moda indossate dal compagno di banco e al contesto circostante non dedica neanche uno sguardo?
- Pur con il fine (nobile) di diffondere la memoria su una tragedia storica, come si può mescolare un vissuto così doloroso e straziante, un universo di umanità sofferente e sconfitta che va sempre tutelato e difeso, con un messaggio di segno contrario e anzi opposto, fatto di abiti firmati, griffe alla moda e opulenza dichiarata?
- Non si tratta forse di un triplo salto carpiato, tanto ardito da far dubitare dell’opportunità di operazioni del genere?
I miei dubbi restano, come detto. Ma ora che l’incontro è avvenuto non posso che prenderne atto, e pensare al dopo. Proprio perché rimango delle mie idee, quindi, e nel tentativo di individuare soluzioni diverse – che non passino da questa o quella influencer – per aumentare le visite al Memoriale e ai luoghi della memoria sparsi nel nostro Paese, propongo un’altra strada.
Il mio invito si rivolge alle associazioni dei consumatori, con cui proprio oggi siamo scesi in piazza per manifestare lo scontento generale nei confronti di rincari, aumenti ingiustificati e speculazioni. Dimostriamo ancora una volta che uniti possiamo incidere davvero: uniamo le forze per pubblicizzare e incoraggiare presso i giovani consumatori – insieme alla Senatrice Segre e gli esponenti della Comunità Ebraica – lo studio della Storia, il rispetto della Memoria e la conoscenza dei tragici fatti che chiamiamo (troppo sbrigativamente) Shoah.
Portiamoli a visitare mausolei e luoghi del ricordo, mostriamo come esista anche qualcosa di diverso rispetto alla cultura degli influencer. Possiamo percorrere un’altra strada per catturare l’attenzione e l’emozione dei giovani: una strada che non passa per le vie della moda, i gioielli in mostra, la beneficienza ostentata. Una strada nuova, moderna e coinvolgente: una strada bella, che vale la pena seguire – insieme.