SPID a pagamento: la beffa digitale tutta italiana

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Sembra una storia inventata e invece è realtà. Lo SPID era stato presentato come la soluzione definitiva: un’identità digitale gratuita, semplice e sicura, indispensabile per accedere a bonus, certificati e servizi pubblici “senza costi per il cittadino”. Così l’hanno proposto. E milioni di italiani lo hanno attivato – più che per entusiasmo, per necessità.

Ma già dopo qualche mese, l’assurdo bussa alla porta: InfoCert introdurrà un canone annuo da 5,98 € per continuare a usare lo SPID. E Aruba si è già allineata, chiedendo 4,90 € più IVA dal secondo anno. Chi non paga? Perde l’accesso, e tanti saluti.

In teoria, la gratuità era garantita dagli accordi: i provider si erano impegnati a offrire lo SPID gratis per sempre. Ma ora, col taglio di fondi pubblici, circa 40 milioni di euro fermi in attesa, quel “per sempre” è diventato… Per un po’.

Il paradosso è servito: per entrare nello Stato digitale ora serve una forma di abbonamento. Paghi o perdi i servizi. Un altro schiaffo alla buona fede dei cittadini, che ormai non sanno più a che Santo votarsi se anche le istituzioni rifilano pacchi e fregature di questa portata.

Certo, dice il solito minimizzatore: chi non vuole pagare può migrare su provider ancora gratuiti (come PosteID, che però fa pagare l’identificazione più diffusa, quella di persona) oppure usare la Carta d’Identità Elettronica (CIE), che resta gratuita. Soluzioni alternative, ancora, ci sono. Ma la strada è tracciata e la morale è chiara, affari nostri: ci hanno fatto credere alla favola della semplificazione digitale, oggi scopriamo che serve una firma… E una carta. Si è passati allo SPID per abbandonare la coda agli sportelli, ora si comincia  a pagare un canone per continuare a non andarci più.

Non è surreale: è la nuova normalità della burocrazia italiana. Inefficiente come prima, e – ormai – pure a pagamento!

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