Un fuoco di fila straordinario, di quelli cui in Italia siamo ormai abituati, si è scatenato nei confronti della proposta – peraltro: inserita nel programma elettorale – di separazione delle carriere nella magistratura. L’ipotesi in via di insabbiamento non è nuova, e riguarda la possibilità di separare le carriere di pubblico ministero e giudice. Una soluzione che innoverebbe il sistema, per una serie di ragioni:
Ci sono magistrati che lavorano anni per costruire castelli accusatori in qualità di PM e poi, d’un tratto, diventano giudici. Con un sì chiediamo la separazione delle carriere per garantire a tutti un giudice che sia veramente “terzo” e trasparenza nei ruoli. Il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale. Basta con le “porte girevoli”, basta con i conflitti di interesse che spesso hanno dato luogo a vere e proprie persecuzioni contro cittadini innocenti.
Come sempre quando si parla di magistratura e di tutto quello che ruota intorno a questa (influentissima) istituzione, però, la proposta di mettere mano a una delle sue eterne questioni ha dato fuoco alle polveri della rissa dialettica. Con un solo schieramento: tutti dalla parte del no, magistrati in primis, il PD e la Schlein subito dopo, e pure chi l’ha promessa ormai tentenna – tanto che anche Nordio ormai annacqua la riforma e la rimanda alle calende greche.
Io, a questo gioco della critica a prescindere, del veto assoluto, dell’opzione zero di cui parlava l’amico Delzio, non voglio giocare. Ma – seduto sul greto del fiume – non posso proprio evitare un commento sull’incredibile, osceno “fronte trasversale” che, di volta in volta, blocca qualsiasi ipotesi trasformativa – in questo come in altri ambiti.
Altro che destra e sinistra, altro che Meloni e Schlein: quando si avvicina o anche solo paventa una riformina del sistema tutti si stringono in un fraterno abbraccio, ritrovandosi appaiati in un carrozzone di inciuci che della politica, per come la conosciamo, non ha quasi nulla.
La paura, quando si tratta di magistrati, fa davvero novanta tra le forze politiche nostrane. Le promesse elettorali, puf, svaniscono appena concretamente realizzabili. Tutti concordano: non bisogna far nulla, tutto va lasciato così. Ecco la vera maggioranza del Paese: quella che mantiene tutto così com’è, come conviene a lorsignori.
Che squallore, amici. Pensare che c’è ancora chi crede ai principi, alle adesioni profonde, ai valori: storie come questa confermano una volta ancora che questo non è un tempo adatto alle anime belle.