Viviamo immersi in una contraddizione feroce: la tecnologia che doveva liberarci ci sta rendendo schiavi.
Persone comuni e (soprattutto) lavoratori raggiungibili a ogni ora, chat aziendali attive anche di notte, notifiche che si moltiplicano nei fine settimana, nei giorni festivi, durante le vacanze. Una connessione continua e obbligata, che si insinua nelle vite di milioni di persone senza regole, senza limiti, senza tutele.
Come già denunciammo anni fa – inascoltati – oggi quella che sembrava una deriva è diventata una realtà consolidata e accettata con rassegnazione. Le chat senza limiti, la reperibilità spacciata per disponibilità sono diventate la nuova normalità.
Ma questa normalità è tossica.
Secondo un’indagine Eurofound, una larga fetta dei lavoratori europei che operano da remoto dichiarano di lavorare più ore del dovuto. In Italia, una persona su due legge mail o messaggi di lavoro anche fuori dall’orario previsto dal contratto. E tutto questo accade in assenza totale di una legge sul diritto alla disconnessione.
Il nostro Paese è in ritardo, mentre altri – come Francia, Belgio e Spagna – hanno già introdotto norme per proteggere la salute dei lavoratori (e non solo loro) dall’invadenza digitale.
La verità? Oggi non agiamo più con uno strumento, ma per uno strumento. E questa nuova forma di servitù moderna è subdola, perché travestita da progresso.
Si tratta di una violazione dei diritti fondamentali, non solo lavorativi ma umani: il diritto al tempo, al silenzio, alla concentrazione, al riposo, alla vita privata. E non basta parlare di burnout: serve una risposta politica, legislativa e culturale immediata.
Chiediamo che:
- venga garantito per legge il diritto a spegnere i dispositivi aziendali fuori orario;
- le chat e le piattaforme di lavoro siano soggette a orari regolamentati, come qualunque strumento aziendale;
- venga finalmente riconosciuto lo stress da iperconnessione come problema reale, documentato e diffuso.
Abbiamo denunciato tutto questo con anni di anticipo. Oggi rilanciamo l’allarme: il cittadino, il lavoratore sempre connesso è un individuo sorvegliato, disponibile, vulnerabile. Un cittadino dimezzato.
È tempo di ridare alle persone il diritto a scollegarsi. E alla politica, il dovere di ascoltare.