L’assurda ritorno (da capo di Stato) di Chico Forti


Il ritorno di Enrico (detto Chico) Forti è stato gestito da media e politica alla stregua di un fatto storico, di una vittoria senza precedenti, di un trionfo. Come se a Pratica di Mare fosse sbarcato Biden, o Macron, o insomma un grande capo di Stato straniero, l’intera compagine governativa si è mobilitata come non capita mai in occasione delle emergenze nazionali. E subito, puntuale, è partita la grancassa: merito del governo, no anzi meglio, merito della Meloni. Fuoco a mitraglia di dichiarazioni di supporto: Lollobrigida applaude l’esecutivo (cioè: sé stesso), La Russa (tanto per cambiare) incensa le premier, Tajani esulta ed esalta, pure Bocelli e la moglie (?) festeggiano, mentre del condannato si dice solo che vuole andare dalla madre (!). Insomma: da tutte le parti è un gran celebrare l’accaduto, enormizzandone la portata, enfatizzandone i protagonisti.

Prima di unirmi al coro dei commenti, faccio una doverosa premessa: io sono contrario alle pene che non siano rieducative, e quindi non amo per nulla la pena di morte e l’ergastolo. Ma non si capisce davvero come mai un Premier riceva (con tutti gli onori) un soggetto del genere, che – anche a voler essere innocentisti al 100% e di fronte a qualsiasi evidenza contraria – di sicuro non si è messo in evidenza per meriti particolari.

Anzi, diciamola tutta: trovo questa scelta del tutto incredibile; e altrettanto incredibile mi pare che qualcuno si prenda il “merito” di una cosa del genere. E di che, di aver fatto venire in Italia un condannato per omicidio, la cui pena è stata riconosciuta anche in Italia?  Qualcuno si accorge della contraddizione tra principio di legalità, sostenuto da mattina a sera da Meloni e compagni, e la scelta di accogliere  a braccia aperte quello che a tutti gli effetti, a oggi, rimane un assassino?

Da più parti si obietta: si tratta di un gesto “umanitario”, di una soluzione ideata per garantire i diritti di quel detenuto. Sia, può anche darsi che sia solo questo, che non ci siano velleità propagandistiche: ma allora come mai la Meloni non va a ricevere tutti i prigionieri – che so – detenuti nel braccio della morte? E in ogni caso, anche se di “umanità” si trattasse, sempre e solo di umanità “tricolore” parleremmo: ma è inquietante pensare che nel nostro mondo a discriminare tra un caso e l’altro sia l’identità nazionale, non vi pare? O a qualcuno pare normale che a fare la differenza sia il passaporto del prigioniero, passe-partout capace di fargli scontare una pena più “comoda”, e di sicuro meno inflessibile, in patria? Per par condicio, e per essere chiari: farei lo stesso discorso su Ilaria Salis.

Su tutto si può passar sopra, ma – al di là della scelta del tutto assurda e incomprensibile del governo e della premier di accogliere Forti come fosse un capo di Stato – su una cosa non si può proprio transigere. Adesso, infatti, è indispensabile capire i motivi che hanno portato lo Stato a destinare addirittura ingenti risorse economiche per il rientro in Italia: il ritorno dell’ex imprenditore da Miami sarebbe avvenuto infatti con un Falcon 900 del 31esimo Stormo dell’Aeronautica italiana. Un aereo pagato dagli italiani, con soldi pubblici.

Il nostro esposto alla Corte dei Conti mira proprio a fare chiarezza su questa spesa, verificando un possibile spreco di risorse pubbliche. Una piccola goccia, è vero. Ma non chiedeteci di porre rimedio a tutte le assurdità di questo assurdo Paese: non ne saremmo mai capaci.

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