I risultati dei controlli dell’Ispettorato nazionale del lavoro sui rischi lavorativi legati all’esposizione al caldo fanno davvero impressione. In sintesi, su 736 aziende ispezionate nei primi dieci giorni di agosto, circa il 40% “non aveva valutato o implementato le misure di prevenzione specifiche contro il caldo“. Ovvero: di fronte all’afa paurosa di questi giorni, non aveva fatto nulla per tutelare i lavoratori. Un menefreghismo diffuso, che di norma lascia il posto alle lacrime – di coccodrillo – nel momento in cui le tragedie avvengono davvero.
Con temperature folli, è chiaro, non si può e non si deve lavorare: specialmente all’aperto, nei cantieri, nei campi, con il sole a picco. I rischi cardiovascolari, in primis, schizzano alle stelle sforzando il corpo oltre i limiti della sopportabilità umana: non dovrebbe esserci neanche bisogno di dirlo. Ma questo, ai tanti caporali e caporaletti del nostro Paese, non interessa proprio. Hanno già dimenticato il caso di Satnam Singh, vittima di un incidente sul lavoro e abbandonato in condizioni gravissime davanti alla sua abitazione. Una tragedia troppo rapidamente caduta nel dimenticatoio, e che invece avrebbe già dovuto dare il via a un profondo intervento nel settore.
Il caporalato, invece, rimane al suo posto. Rende enormemente alle aziende in termini economici, sfruttando la disperazione dei migranti: e nonostante se ne parli da anni, nonostante le vittime che ha seminato, nonostante l’orrore che suscita in ognuno di noi, sembra eterno. Ogni volta scricchiola, infatti, ma non crolla mai: e ogni volta lo Stato “si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità“, considerandolo in qualche modo un male necessario.
Non lo è, invece, un male necessario. Per contrastarlo davvero, proponiamo due soluzioni:
- Un bollino che certifichi la legalità sul fronte delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro rilasciato dalla Guardia di Finanza, a seguito di approfondimenti eseguiti direttamente presso le strutture lavorative;
- Controlli a tappeto sulle aziende, specie quelle agricole e i cantieri che utilizzano lavoratori stranieri per la propria attività.
L’importante è mostrarsi inflessibili: e per questo, tali controlli devono portare non solo alla chiusura di quelle aziende che non rispettano i requisiti di legge o che sfruttano e mettono a rischio la sicurezza dei lavoratori, ma anche al blocco della commercializzazione dei loro prodotti sul territorio.
In attesa che il governo ci ascolti, però, il rischio è di rimanere a guardare – e allora bisogna fare da soli. Su un’apposita piattaforma (disponibile qui) è possibile segnalare, in forma anonima, situazioni di irregolarità sul lavoro, e condividere la propria testimonianza. Una piccola goccia, certo: ma l’importante, in tutte le cose, è incominciare.