Ridateci il Monopoli

Monopoli

Tra le cose che sono andate perdute, in questi anni pieni di innovazioni inutili e nuovismi isterici, ci sono anche alcuni giochi. L’inarrestabile avanzata dello smartphone, arrivato ormai a lambire la prima infanzia, ha infatti spazzato via – come uno tsunami – un intero universo ludico, la cui perdita non è priva di conseguenze.

Il Monopoli (che oggi finisce con la y), per esempio. Un gioco a sfondo gestionale, nel quale i partecipanti sono chiamati ad investire nell’acquisto di proprietà, cercando di migliorarle (con case e alberghi) e di elevare le proprie capacità reddituali. A lungo si è creduto che la sua nascita fosse dovuta all’ingegnere disoccupato statunitense Charles Darrow, intorno al 1935; ma in realtà il gioco venne inventato prima, molto prima, da una donna: Elizabeth Magie. In origine (1903) si chiamava The Landlord’s Game (il gioco dei latifondisti) e lo scopo era quello di contestare e mostrare i danni e le ingiustizie dei monopoli (un problema da cui, evidentemente, non ci siamo mai liberati..).

Il Monopoli è stato, fin dall’inizio, un successo planetario: licenza concessa a più di 100 Paesi (ne esiste anche una versione bavarese e una catalana, senza contare quella friulana e quella pugliese e lucana), tradotto in oltre quaranta lingue, secondo alcune statistiche giocato da circa 750 milioni, secondo altre da più di 1 miliardo di persone.

Ha garantito divertimento e relax a generazioni intere, serate intense e interminabili, arrabbiature colossali: come dimostrato dall’incidente accaduto durante una partita tenutasi nel 1984 in una prigione di Ashville, nel North Carolina. Uno dei prigionieri si arrabbiò talmente da ingoiare un certo numero di case e di alberghi (il dottore dell’infermeria che lo visitò, fine umorista, lo rispedì in cella scrivendo: “Andate in prigione direttamente e senza passare dal via!”). Insomma, è stato il compagno di tante vite: eppure, a lungo, il Monopoli è finito nel dimenticatoio, portando con sé la bellissima, conviviale abitudine di giocare insieme.

A lungo è sembrato infatti che nulla, senza trasformarsi in videogioco, potesse sopravvivere: e di un gioco da tavolo con banconote (finte) e dadi nessuno sapeva più cosa farsi. Così, col tempo, i ragazzi hanno perso la capacità di giocare con le mani, con gli oggetti. Hanno perso il gusto del contatto. Parlo degli adolescenti, dai 10/11 anni in su: senza Vicolo Stretto, Parco della Vittoria hanno disimparato a giocare toccando (gli altri, le cose), e si sono rifugiati nel virtuale cavandone un sollievo sempre più effimero. 

Certo, i tempi cambiano, ma alcuni stimoli sono eterni: il Monopoli è un cult intramontabile – parliamo del gioco da tavolo coperto da copyright che ha venduto più copie di sempre – e con la sua scomparsa dalle nostre case si è verificata una significativa perdita in termini di manualità e intelligenza. Al suo posto, infatti, si sono diffuse solo piattaforme a distanza e videogame, niente che potesse rimpiazzare quanto smarrito. Un fatto che ha avvilito molto lo sviluppo intellettivo dei giovani: su questo non c’è dubbio.

Ora però, a quanto pare, la ruota sta però girando ancora: da più parti si annuncia un ritorno del gioco da tavolo, Monopoli compreso. Pandemia e lockdown ci hanno costretto in casa, dando fiato al settore, ma poi la crescita è proseguita. A dimostrazione che non si trattava di un fuoco di fiamma, l’interesse è andato aumentando. I ragazzi, annoiati dall’onnipresente realtà virtuale, stanno ribaltando il vecchio schema e oggi si rifugiano in qualcosa – giochi da tavolo, puzzles – capace di garantire emozioni autentiche e tempo condiviso. Nuove iniziative imprenditoriali certificano questa tendenza, che ormai appare consolidata.

Pensando al (supremo) interesse dei ragazzi non posso che festeggiare, in cuor mio, per questa novità. Ridateci il Monopoli: di un mondo solo virtuale, senza contatti e senza passioni, non sappiamo che farci.

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