Rai1 e Radio1 in crisi nera: ascolti flop e utenti in fuga!


Anche se non ne parla nessuno (guarda caso), è nato un vero e proprio “caso” intorno agli ascolti di Rai1, la rete ammiraglia della TV di Stato. Riassumendo: i telespettatori non apprezzano le scelte dei vertici di Viale Mazzini, e stanno punendo il canale con un massiccio abbandono. Conseguenze: la più evidente è la sospensione per il programma di Alberto Angela “Ulisse, il piacere della scoperta”, determinata da ascolti al di sotto delle aspettative. Ma sono diversi i programmi che, negli ultimi mesi, hanno registrato audience pessimi per non dire catastrofici. Si pensi al caso della trasmissione “A grande richiesta”, con ascolti scesi attorno all’8% e costi di produzione che, secondo le indiscrezioni, si aggirerebbero sui 750mila euro a puntata. O ad altri programmi di Rai1 come “La canzone segreta”, “Penso che un sogno così”, “La musica che gira intorno” e “Top 10”, bocciati dal pubblico televisivo e regolarmente battuti dalla concorrenza. Una crisi, quella di Rai1, che potrebbe determinare un enorme spreco di soldi pubblici, anche in considerazione delle spese sostenute per appaltare all’esterno le trasmissioni.

E non è il solo problema: qualche settimana fa, abbiamo denunciato la stessa situazione per quanto riguarda Radio1. L’emittente perde ascolti ed è lontanissima dai dati registrati da altre radio private: Mentre però quest’ultime sono finanziate dagli introiti pubblicitari, la radio pubblica è pagata dai cittadini attraverso il canone, e non può permettersi performance così deludenti in fasce orarie fondamentali per il servizio pubblico. A tutto ciò si aggiungono le dichiarazioni dei vertici di Radio1, diretta da Simona Sala, che nascondono i disastrosi risultati enfatizzando solo la crescita di share in determinati orari, rendendo ai cittadini una informazione fuorviante e ingannevole sul reale stato di salute di Radio1, una radio oramai sempre più moribonda a causa di una gestione inadeguata.

Insomma: il servizio pubblico radiotelevisivo naviga davvero in pessime acque. Servono volti nuovi, e idee diverse. Per ora, quello che possiamo fare è aspettare che si mostrino all’orizzonte, e al contempo verificare che i membri del CDA dell’azienda rispettino i requisiti previsti dalle norme, premiando il merito professionale, l’esperienza e la conoscenza del settore radiotelevisivo. Niente scelte clientelari e/o politiche, quindi: ne va dell’andamento della TV pubblica.

Non è moltissimo, ma insomma: da qualcosa, per cambiare le cose, si deve pur cominciare.

 

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