Ogni tanto, come in un copione già scritto, qualcuno in alto cade. Un presidente, un manager, un uomo di potere. Le foto scorrono ovunque: manette, scorta, sirene. I commentatori parlano di “svolta”, di “nuova stagione di legalità”. L’ultima sfilata di manette – dal presidente francese Sarkozy al manager Castellucci – sembra confermarlo. Ma sarà davvero così?
Io, personalmente, ho i miei dubbi. Tra un po’, calmate le acque, ce li ritroveremo tutti in libera uscita. L’esperienza insegna: nel giro di poco, spesso, le accuse nei confronti di questi personaggi si attenuano, si stemperano, si sgonfiano. L’opinione pubblica viene anestetizzata dal rito mediatico: l’immagine del potente dietro le sbarre serve più a rassicurare che a rendere giustizia. È il grande inganno del nostro tempo: farci credere che finalmente anche i forti pagano.
In realtà non paga quasi mai nessuno. Chi dispone di risorse, avvocati, conoscenze e canali di potere non subisce la legge: la gestisce, la interpreta, la ritarda. Entra da una porta e, quando l’attenzione cala, esce dall’altra. Con tanto di riabilitazione pubblica e pacca sulle spalle da parte di chi, fino a ieri, giurava di volere “trasparenza e rigore”.
La verità è che le sbarre, per i potenti, sono spesso a tempo (breve). Rappresentano un passaggio tecnico, una parentesi che dura il tempo necessario a salvare le apparenze. Per chi vive nella realtà, come noto, la giustizia non perdona: bastano un errore fiscale o una multa non pagata per trovarsi in un labirinto di procedure, sanzioni e cartelle. In molti lo denunciano da anni: viviamo un sistema con due pesi e due misure. Da un lato, il cittadino comune che non può permettersi di sbagliare; dall’altro, chi può contare sul beneficio del dubbio eterno.
Mi chiedo: davvero ci crediamo ancora? Davvero pensiamo che qualche giorno o mese di carcere per un presidente o un imprenditore equivalga a fare veramente giustizia? A me sembra – come spesso succede – solo l’ennesimo esercizio di facciata. Una messinscena utile a chi comanda per farci pensare che il sistema funzioni secondo principi di equità.
La giustizia vera non ha bisogno di spettacolo. Non cerca visibilità e si misura nella certezza delle regole e nella loro applicazione uguale per tutti. Finché non arriveremo a questo, resteremo spettatori di una recita stanca: sempre gli stessi attori, sempre lo stesso finale.




