Cari amici,
oggi è la Festa delle Donne e il mio personale augurio vuole essere una provocazione su una questione rimasta ancora irrisolta, quella delle donne lavoratrici.
Anche se ci sono più donne che lavorano (tre milioni in più rispetto a 35 anni fa, stando alle analisi dell’Istat e dell’Inail), i dati non sono affatto confortanti. Secondo una recente ricerca dell’Oecd (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) l’Italia risulta tra i Paesi peggiori per una donna lavoratrice, su più livelli: dall’accesso all’educazione superiore alla partecipazione alla forza lavoro, dagli stipendi alla maternità. Ebbene si, l’Italia resta un Paese arretrato, dove alla lavoratrice fuori casa preferisce la versione casalinga e dove, qualora la donna lavori, non viene messa in condizioni di competere con gli uomini. Bei primati, vero?
Certamente lo Stato ha la sua parte di colpa almeno in termini di tutele riservate alla maternità. Solo recentemente il congedo di paternità è stato raddoppiato (da uno a due giorni), ma non basta! Eppure, non c’è bisogno di rivolgersi a un esperto per scoprire quanto sia utile per le donne che possono così facilmente tornare a lavorare, innescando un circolo virtuoso in cui l’occupazione femminile sale e il salary gap si riduce.
Tra le poche notizie positive, l’Italia supera la media dei Paesi europei per quanto riguarda il numero di donne presenti in Parlamento, un’inversione di tendenza fino a qualche anno fa. Ma non facciamoci illusioni, in ambito manageriale restano più passi indietro rispetto agli uomini: promosse con più difficoltà, raramente occupano posizione di rilievo all’interno della struttura aziendale.
Perciò, Tanti Auguri, donne! Mi spiace che questo Paese non sia (ancora) adatto a voi!
A presto,
CR