Dopo anni di approfondimenti, speciali, esclusive e compagnia cantante, ci mancava solo la confessione in diretta. E puntualmente, come neanche gli scrittori di fantascienza avrebbero saputo immaginare, è arrivata pure quella: Lorenzo Carbone, il 50enne che ha confessato l’omicidio della madre davanti alle telecamere, sarà magari ricordato più come il pioniere di un nuovo genere televisivo che come un omicida reo confesso.
Niente di nuovo, purtroppo, sotto il sole. La gara a raschiare il fondo del barile della cronaca nera, a riprodurre l’ordinario racconto del massacro quotidiano, non è di oggi e nemmeno di ieri: va avanti ormai da una quarantina (e passa) d’anni, dal caso di Vermicino (che non era un omicidio ma insomma, poco cambia) e dai delitti degli anni ’80.
Queste notizie provocano – evidentemente – ondate di rabbia, paura ed altre emozioni molto forti: sono queste ad attirare la nostra attenzione e restarci più impresse. Non a caso, una folla di magistrati, intellettuali, giudici da studio televisivo si precipitano ogni volta a commentare/giudicare/pontificare il caso del giorno, per poi dimenticarlo rapidamente e passare al successivo. Sanno bene, così facendo, di guadagnarsi una notorietà a lungo termine.
E poi, diciamocela tutta: per l’audience il sangue è un toccasana. Per dirla con altre parole:
La cronaca nera e l’origine del male interessa tutti da sempre, ma da quando si è capito quanto incide sugli ascolti si è scatenata una gara per catturare l’attenzione del pubblico, andando a scavare sui particolari più raccapriccianti, incuriosenti e pruriginosi. Ciò che sembra davvero importare è il dettaglio cruento.
Ecco perché, dalla mattina alla sera, le reti TV (Rai come Mediaset) si sfidano: la gara impone di superare l’avversario in truculenza del racconto, altre regole non ci sono. Vale tutto: nel corso di ore e ore di programmazione sottratte ad altro e riservate a violenze, omicidi e brutalità varie, rincorrendo scoop e dettagli sempre più scandalistici per attirare pubblico, tutto è lecito e tutto è permesso. Una sagra della morbosità e una nuova oscenità che abbassa la qualità della nostra televisione, ma di cui in pochi si accorgono.
Stiamo andando sempre più verso il baratro: di cosa parlerebbero le varie trasmissioni TV se non ci fosse un rifornimento continuo dalla cronaca nera nazionale? Per ora non c’è scampo: come diceva Umberto Eco, “dacci oggi il nostro delitto quotidiano“. Lo scopo, ovviamente, è farci stare zitti: “Una bella sequenza di teste mozzate tiene buona la gente e non gli mette idee cattive per il capo“. Capito, vero, a che serve la TV dei mostri?