No, il mondo non se la passa benissimo


Sono tornato diverse volte, ultimamente, sul tema influencer: stavolta lo faccio per condividere parole che non sono mie, ma che Gianluigi De Palo su Leggo ha dedicato al fenomeno.

Se gli influencer fanno battaglie sulla liberazione dei capezzoli femminili su Instagram, il mondo non se la passa benissimo“. 

Semplice, diretto, vero: il mondo infatti non se la passa benissimo. Ma mentre tutti sembrano come ipnotizzati da una deriva – la divinizzazione di questi personaggi mediatici, assurti a modelli educativi del nostro tempo – che appare solo esteriormente rivestita di modernità, mentre una delle più influenti influencer del Paese rifila un dito medio al fan “reo” di aver contestato la sua presenza alla TV pubblica e si sveste in modo inversamente proporzionale al calo dei consensi online (come avevo preconizzato tempo fa, alludendo sarcasticamente a una “progressione verso il clito“), mentre più di qualcuno non si accorge che certi temi e certi soggetti non si accompagnano bene, che stonano se accostati, che la strada per una formazione equilibrata e sana dei giovani di oggi passa altrove, qualcuno – grazie al cielo – sa tenersi fuori dalla tempesta.

Si tratta di una grande sorpresa, visto il cannoneggiamento televisivo e sul web. Stupisce e rincuora, in un certo senso, che ci sia chi – in questo marasma di like, tweet, copertine patinate e lusso sfrenato – riesca ancora a distinguere il bianco dal nero.

Abbiamo bisogno di influencer per il bene comune che mettano la loro voce al servizio delle grandi battaglie di questo tempo (ambiente, natalità, diseguaglianze), non di venditori ambulanti di cosmetici o di imbonitori che lanciano la moda delle ascelle femminili pelose per far parlar di sé”

Abbiamo bisogno, aggiungo io, soprattutto di modelli sani, vitali. Un esempio? Eccolo: le influencer Benedetta De Perna e Benedetta Mancini, esempi completamente in controtendenza rispetto all’idealtipo dominante. Sono state proprio loro a spiegare, con chiarezza estrema, come nel mondo di oggi chi svolge il ruolo abbia il compito di combattere il voyeurismo estremo, creando contenuti che abbiano un valore artistico ed emotivo, tutelando i minori, evitando immagini eccessive.

E abbiamo bisogno di strutture efficaci, concepite con il solo scopo di tutelare gli utenti (veri fruitori di questi servizi): è il momento di creare un sindacato degli/delle influencer con la “i” maiuscola, ovvero coloro che non violano le leggi e non sfruttano i minori. Un ente capace di garantire il rispetto di alcune norme comportamentali, professionali e “commerciali” da parte degli iscritti: il minimo che si possa fare, in tempi come i nostri.

Adesso è il momento di dire basta: non va bene che la gran parte degli adolescenti si senta “poco attraente“, schiacciata da modelli inarrivabili e martellanti. Non va bene abituarsi a un mondo “fake“, apparentemente identico al vero ma in realtà totalmente fasullo. Non va bene infine – come ha efficacemente ricordato Riccardo Acciai, Direttore del Dipartimento reti telematiche e marketing presso il Garante della privacy, intervenendo al convegno in tema di marketing e pubblicità organizzato dal Codacons – che avvenga ancora oggi, alla luce del sole, uno sfruttamento commerciale dei minori.

Non va proprio bene, e bisogna cominciare a dirlo chiaro e tondo, a chi non vuol sentire.

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