Se i medici di base non rispondono al telefono


Ma che fine hanno fatto i medici di base?

Si moltiplicano gli appelli, le proteste e le polemiche, ma in sintesi la risposta rimane sospesa. Nei mesi convulsi dell’emergenza-Covid, in queste settimane fitte di dati, contagi e purtroppo decessi, i medici di famiglia sono rimasti dietro le quinte: se ne parla poco nelle cronache e, se se ne parla, è per lamentare carenze (numeriche e anagrafiche) o difficoltà. Quello che una volta rappresentava il “primo anello” difensivo del SSN è ormai ridotto a un ruolo secondario, marginale, quasi invisibile.

Per carità, le difficoltà sono enormi e nessuno lo mette in discussione. Noi però ci siamo fatti una domanda semplice: ma i medici di base rispondono al telefono? Sono disponibili e rintracciabili, così da poter condividere e diffondere informazioni sul virus e sulle misure di contenimento?

Ecco, la risposta è piuttosto chiara: 4 medici di base su 10 non rispondono al telefono negli orari di apertura dei propri studi. Lo conferma l’indagine che abbiamo portato a termine, effettuando telefonate “civetta” ai medici di famiglia di tutta Italia per verificare la disponibilità nei confronti dei pazienti in questa fase di emergenza sanitaria – fase, appunto, in cui i medici di base rivestono un ruolo fondamentale.

Dal controllo a campione – che non ha alcun valore statistico ma è puramente indicativo, e ha coinvolto 16 città (Roma, Catanzaro, Bologna, Aosta, Torino, Napoli, Perugia, Firenze, Catania, Trento, Palermo, Trieste, Campobasso, Ancona, Cagliari, Milano) – è emerso che nel 41% dei casi le telefonate ai medici, pur essendo state effettuate negli orari di apertura degli studi, hanno avuto esito negativo: mancata risposta, linea perennemente occupata o risposta di una segreteria.

La gravità della cosa è chiarissima: potendo contare solo parzialmente sulla figura “di cura” più prossima, è chiaro che i pazienti si ritrovano costretti a rivolgersi alle strutture ospedaliere – contribuendo a sovraccaricarle. Per questo, ora porteremo questi dati sconcertanti agli Ordini provinciali dei medici, chiedendo di accertare il comportamento dei camici bianchi e il rispetto delle disposizioni vigenti. Con l’occasione, gli ricorderemo che i medici di famiglia rivestono un ruolo centrale nella gestione dell’emergenza Covid-19, dall’analisi dei sintomi per supportare la diagnosi e avviare il paziente al corretto iter di cura, fino al supporto costante dei pazienti positivi, anche e soprattutto al fine di limitare le ospedalizzazioni dei casi meno critici, alleggerendo la pressione su pronto soccorso e strutture ospedaliere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *