LA NUOVA ODISSEA DEI PRECARI


Cari amici,

l’esodo di migliaia di precari italiani, per lo più provenienti dal Sud, costretti a lasciare casa e famiglie per trasferirisi a migliaia di km di distanza ha dell’insensato e del vergognoso.
Da Palermo, a Bari, a Napoli, ad Ascoli Piceno molti docenti appartenenti alla fascia B si sono visti, a parità di punteggio con altri colleghi della fascia C, scaraventati in altri porti, città e paeselli. Non hanno retto il colpo e, giustamente, si sono ribellati, occupando uffici scolastici e sedi istituzionali. C’è anche chi è andato direttamente a protestare lungo Viale Trastevere, dove ha sede il Ministero dell’Istruzione.
Il Miur ha sbagliato più delle altre volte, facendo errori grossolani nell’assegnazione dei posti. Solo a Napoli se ne contano 476 su 1176 trasferimenti!
E anche se il Ministro Giannini ha definito la mobilità interprovinciale una procedura complessa, alla quale si sta cercando di rimettere mano, l’impressione è che la matassa sia così ingarbugliata da non venirne più fuori, a maggior ragione se settembre è dietro l’angolo!
Il punto è che non stiamo parlando di studenti Erasmus, che per “vocazione” decidono di trasferirsi per sei mesi o un anno in un altro Paese! Si tratta di 100.000 persone, desiderose di una cattedra, che ogni estate, ansimanti, attendono il verdetto della nuova assegnazione, sperando di riavvicinarsi ai propri cari, specie se non più giovanissimi e con figli a carico!
Certo, mi si potrà ribattere che non è colpa del Ministero se la popolazione scolastica aumenta al Nord e diminuisce al Sud. Ma ribatto subito ricordando che nella parte bassa del Paese ancora non esiste il tempo pieno: tra le prime dieci province più scoperte solo una (Aosta) è al Nord le altre sono al Sud (Ragusa, Trapani, Teramo, Reggio Calabria, Palermo, Agrigento, Campobasso, Catania, Frosinone).
Per non parlare poi dei bambini al di sotto dei tre anni presi in carico dai servizi socio educativi per la prima infanzia: un’opzione si può dire inesistente al Sud (in Calabria solo il 2,1%, in Campania il 2,6%).
Pochi allarmanti dati chiariscono allora che l’emergenza è da ricercare altrove: i docenti sovrabbondano, ma manca un efficiente sistema istruttivo che punti il binocolo nella zona più svantaggiata d’Italia. Il Ministero dell’Istruzione e il Governo forse dovrebbero chiedersi perché è in aumento l’abbandono scolastico nelle regioni meridionali e ragionare su come invertire una preoccupante tendenza. Re-investire nella scuola – ammesso che lo si voglia fare davvero, finora ho sentito solo tante chiacchiere! – implica l’impiego di risorse umane, che non devono essere costrette a intraprendere traversate transregionali.
E se proprio qualcuno deve partire, sia messo nelle condizioni di veder nel tempo concretizzata la speranza di un riavvicinamento. Avere tanti docenti insoddisfatti e già in partenza affranti nuoce a tutti: dal Ministero agli alunni. A che pro aumentare il popolo crescente di novelli Ulisse, condannati vagare per altri mari senza mai poter tornare nella propria terra?

A presto,

CR

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