Ma come si è ridotta l’informazione italiana?


La condizione di oggettiva crisi della stampa e dell’informazione in Italia è ormai da tempo sotto gli occhi di tutti, e confermata dai dati di report, indagini e studi internazionali. Ma toccare con mano lo sfacelo culturale in atto è un’altra cosa, ed è un esercizio facilissimo al giorno d’oggi.

Basta aprire un giornale a caso, in un giorno a caso, per accorgersene. Notizie che notizie non sono, filmati buffi, pubblicità spacciate per redazionali e vero e proprio ciarpame giornalistico. Facciamo un esempio di questi giorni: la querelle riguardante la fine del matrimonio tra Francesco Totti e Ilary Blasi. Una faccenda totalmente privata, in cui peraltro sono implicati minori – i soggetti da tutelare a tutti i costi – sbattuta in prima pagina e approfondita come se si trattasse di un caso nazionale.

Badate bene: non ce l’ho con Totti e la Blasi, che tutto sommato non decidono cosa finisce sul giornale e in fin dei conti sono liberi di dire e fare – nella loro vita – quello che credono. Ce l’ho con i giornali, i media, l’informazione italiana. Il Corriere della Sera – un tempo una gemma della critica, un baluardo della pubblica opinione in Italia – ha dedicato due pagine alla questione, approfondendo i particolari della questione e valutando con la bilancia colpe, responsabilità e meriti della love story. Una cosa incredibile, senza precedenti. Neanche la crisi energetica – che sta mettendo in ginocchio gli italiani – e neanche la ricerca di soluzioni ai nostri problemi immediati, quotidiani e ormai quasi insormontabili, meritano tanto spazio sulle prime pagine e sui notiziari. Le elezioni, in confronto, sembrano un fatto secondario: l’importante è vivisezionare il matrimonio tra Totti e la Blasi – chi ha lasciato chi, chi ha tradito chi, chi ha fregato chi – con il piglio occhiuto di chi, da fuori, vuole vedere tutto (ma proprio tutto).

Un giornalismo che preferisce gli influencer ai fatti, il gossip alle notizie, ha già abdicato al proprio ruolo, e di sicuro non contribuisce alla diffusione di informazioni utili e a un dibattito costruttivo all’interno della comunità. Anzi: non serve a niente, solo a spargere fumo. Non è un caso allora se alcuni giganti dell’informazione (come GEDI) stanno acquistando direttamente start-up che si occupano di influencer e dintorni: i media sembrano ormai aver abbandonato l’informazione per l’intrattenimento, senza alcuna intenzione di tornare indietro. Hanno scelto di fare un altro mestiere, senza ammetterlo pubblicamente.

Resta solo da capire, in questo scenario, chi dovrebbe informare gli italiani sui fatti che li riguardano, se i signori delle redazioni preferiscono fare altro, e cioè – appunto – intrattenimento o cronaca rosa. A oggi, infatti, l’idea è che non lo faccia nessuno, e che sia sempre più difficile accedere a informazioni verificate e affidabili – uno dei primi, e più importanti diritti democratici. La gravità di questa situazione è sotto gli occhi di tutti. Chissà se l’Ordine dei Giornalisti batterà (mai) un colpo: altrimenti sarà necessario coinvolgerlo in altro modo, magari con un esposto: i cittadini italiani non possono rimanere all’oscuro di quello che li riguarda, o ne andrà del futuro della comunità cui apparteniamo.

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