L’ipotesi di un lockdown per i non vaccinati (sul modello dell’Austria) ha di nuovo portato al centro dell’attenzione il tema delle politiche nei confronti di quella parte di popolazione che sceglie, o è costretta, a non vaccinarsi.
Il solo fatto che si parli di un’idea del genere, infatti, restituisce la misura del clima infuocato che avvolge la discussione: per una parte della popolazione, e una larghissima parte del sistema mediatico italiano, il non-vaccinato si è trasformato in un vero e proprio untore. Nel solo e unico responsabile di una pandemia che non finisce mai. Limitare, circoscrivere, criminalizzare questa figura sembra essere l’unico obiettivo di un blocco sociale eterogeneo, che comprende intellettuali, giornalisti e (molte) persone comuni.
Il fatto che questi signori non riescono proprio a considerare, però, è sotto gli occhi di tutti: in Italia non esiste una norma nazionale che obblighi i cittadini a sottoporsi al vaccino contro il Covid-19. Mancando una legge, ovviamente, mancano anche i trasgressori: ecco la ragione, semplicissima, per cui non possono esistere in un Paese civile e democratico misure punitive nei confronti dei non vaccinati, attraverso una limitazione dei loro diritti riconosciuti dalla Costituzione.
Sempre utile ricordarlo: chi, in assenza di un obbligo di legge, decide di non vaccinarsi, non è automaticamente un estremista no-vax. Spesso si tratta di soggetti che hanno problemi di salute o che, per paura o altre motivazioni, hanno scelto al momento di rimandare la vaccinazione. Non certo di terroristi, untori, o un mix delle due cose.
Non è più possibile tacere di fronte a quello che sta accadendo: qualcuno deve ricordare che nessun cittadino può essere discriminato sulla base delle scelte in tema di vaccini.
Eppure un’altra strada ci sarebbe, invece di sbandierare nuovi limiti, nuove regole e nuovi obblighi:
“Attuare una comunicazione trasparente, oggettiva ed efficace, scevra da impeti di emotività e da interessi economici e geopolitici, che metta il cittadino in condizione di comprendere, ponderare e scegliere sulla base delle evidenze rischi/benefici“.
Maria Nefeli Gribaudi
Una strada nuova, finalmente tesa a considerare il cittadino come un adulto responsabile, e non come un bimbo da indirizzare e punire. Mirata a stimolare la collaborazione dei cittadini, e non a dividere in due il campo sociale, aizzando gli uni contro gli altri.
Sarà mai possibile, per noi, imboccarla?