603 suicidi in carcere in 10 anni, ma media e politica se ne fregano

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Mentre l’attenzione pubblica viene dirottata si concentra su altro, nelle carceri italiane si continua a morire nel silenzio generale.

I numeri parlano da soli: secondo il Report sui suicidi e decessi in carcere del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, il 2024 ha registrato 83 suicidi e 20 morti da cause da accertare, facendo segnare il record assoluto di eventi critici. Eppure, questa tragedia sistemica viene sistematicamente ignorata da stampa e media.

Carceri italiane al collasso

Alla fine di novembre 2024, i detenuti nelle carceri italiane erano 62.410, a fronte di 46.771 posti effettivamente disponibili. Questo porta il tasso di sovraffollamento al 133,44%, con istituti penitenziari spesso ridotti a luoghi invivibili, disumanizzanti, pericolosi.

Siamo convinti che queste condizioni, incompatibili con uno Stato di diritto, abbiano contribuito – in modo diretto o indiretto – ai numerosi suicidi registrati. Lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha riconosciuto il legame tra il degrado strutturale delle carceri e l’aumento di eventi tragici.

Perché chiediamo giustizia

Se chi ha il dovere istituzionale di garantire condizioni minime di vivibilità ha ignorato – o accettato consapevolmente – i rischi connessi a questa situazione, allora va valutata la sussistenza di un dolo eventuale da parte del Ministero della Giustizia.

Per questo motivo abbiamo presentato un esposto a 104 Procure della Repubblica in tutta Italia, chiedendo l’apertura di indagini sui suicidi in carcere, ipotizzando gravi responsabilità per omissione di atti d’ufficio e aiuto al suicidio.

Abbiamo chiesto alle Procure di valutare, caso per caso, la possibilità di procedere penalmente per reati come l’aiuto al suicidio (art. 580 c.p.) e l’omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.), oltre a qualsiasi altra fattispecie eventualmente riscontrabile.

Non vogliamo più restare in silenzio

Di fronte a 603 suicidi in 10 anni, il silenzio diventa complicità.

Abbiamo scelto di non restare a guardare. E continueremo a farlo finché non ci sarà giustizia, trasparenza e una reale assunzione di responsabilità.

Non possiamo più accettare che il carcere sia un non-luogo in cui la dignità umana viene sospesa e i diritti ignorati. Abbiamo il dovere di parlare, di denunciare. Di agire.

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