Non so se la città in cui vivo – Roma – e il mondo in cui vivo – più in generale – stanno cambiando oppure no. E, se stanno cambiando, in che direzione: indietro come i gamberi o avanti verso un futuro che non conosco, e – a volte – mi fa pure un po’ paura?
Giusto un paio di esempi.
Vivo in un quartiere in cui dal mio arrivo, negli anni ’80, c’è sempre stata una pizzeria con un nome che mi ricorda gli anni della giovinezza: ‘Bella Napoli‘. Posso citarla senza problemi perché c’è sempre stata ma adesso, dopo quarant’anni o cinquant’anni, non ci sarà più. Ho trovato infatti un lungo cartello che annuncia la chiusura dell’attività.
“Non ce la facciamo ad andare avanti“, dicono i titolari: forse perché anziani, forse perché i margini non sono più quelli di una volta (nonostante la clientela affezionata), fatto sta che ‘Bella Napoli’ chiude. Saracinesca abbassata, nessun preavviso, addio: per i residenti e i frequentatori di Prati e Trionfale è un (altro) pezzo di storia che se ne va. Un brutto colpo: ma forse i figli, si vocifera nel quartiere, metteranno su una scuola di cucina. Una scelta che mi darebbe un piacere vero, sincero: significherebbe infatti che la vita va avanti (e forse migliora), che tutto si rinnova.
Poi mi sposto di qualche centinaio di metri, e finisco nella strada del cinema Azzurro Scipioni: un cinema d’essai dove un tempo si proiettavano un’infinità di bei film e andavano in processione gli intellettuali – i pochi che amavano veramente il cinema – alimentando in qualche modo questo luogo di cultura unico e prezioso. Per più di 40 anni l’Azzurro Scipioni è stato il simbolo del cinema indipendente d’autore nel cuore di Roma, ma poi è finito tutto. Anche questo locale storico arrivato a fine corsa, anche questo chiuso per anni. Anche qui però arriva la sorpresa: ora riapre, e si riaccende una tradizione che nel quartiere (e non solo) sembrava perduta..
A questo punto, mi domando: cosa sta succedendo? C’è chi va avanti e c’è chi va indietro o è comunque tutto un andare avanti – sia la scuola di cucina al posto della pizzeria sia il tentativo di ridonare vita all’Azzurro Scipioni, e così il resto intorno a noi?
E poi: perché mi faccio queste domande? Qui la risposta è semplice: perché anche io sto cambiando, sto invecchiando, e non so se sto andando avanti o indietro. Molte cose che sto facendo adesso non le facevo da tempo, le facevo prima, e infatti mi scopro a ripescare antiche immagini, ricordi, amicizie, luoghi: sembra quindi che io vada indietro, mi dico. Però poi se penso al mio lavoro – creare nuove occasioni di consapevolezza per i cittadini – mi sembra di andare avanti, dovendomi occupare della tecnologia, dell’intelligenza artificiale, del mondo di domani. Il nodo, insomma, non si scioglie: insiste, perdura.
Forse è meglio rimanerci, in questo dubbio, e forse il nostro destino è quello di non sciogliere il nodo: magari poco importa se io vado avanti o vado indietro, se la città va avanti o va indietro, se il mondo va avanti o va indietro. Tanto, tutto passa: e allora saranno le prossime generazioni, i nostri figli, gli umani di domani, a rispondere a questo dubbio.
O a porselo da capo: chiudendo il cerchio, questo cerchio perpetuo, una volta ancora.