Hanno tutti ragione, ma tutti torto


Hanno tutti ragione, ed è proprio questo il problema. O meglio, hanno tutti le loro ragioni. Ha ragione l’Iran che si sente attaccato, ha ragione Israele che si sente minacciato. Ognuno rivendica torti subiti, diritti storici, linee rosse e principi assoluti. Ma quando la ragione (tra molte virgolette: la ragione assoluta, come noto, non ce l’ha nessuno) si afferma con missili e distruzione, smette di essere giustificabile. Per usare una celebre citazione: passare al linguaggio delle armi è peggio di un crimine, è un errore. E oggi, mentre il mondo osserva l’ennesimo conflitto infiammarsi, il torto principale è di chi non fa nulla per fermarlo.

Una vergogna che pesa sull’Occidente. Vergogna per gli Stati Uniti, che da decenni si ergono a garanti dell’ordine globale salvo poi sostenere guerre per procura in ogni angolo del globo, rifornire paramilitari a tutte le latitudini e rovesciare regimi a piacimento. Vergogna per l’Europa, incapace di assumere un ruolo autonomo, di alzare la voce, di pretendere con forza una via diplomatica. Ridotta a spettatrice, subalterna, inerte, inutile.

La pace non si impone, ma si costruisce

Di fronte a conflitti che devastano interi territori, ad attacchi che implicano i depositi nucleari (con i conseguenti rischi di contaminazione), a stragi di innocenti, i leader occidentali si limitano a dichiarazioni rituali, appelli a geometria variabile e sostegni miliardari che non portano né stabilità né soluzioni. La parola “negoziato” è diventata scomoda, come se parlare di pace fosse una forma di tradimento della patria. Appena ne accenni, tutti gli ultrà della guerra ti saltano addosso: e forse, pure per questo, ormai non ne parla quasi nessuno. Eppure, la storia insegna che la pace si costruisce, non si delega. Impone presenza, costanza, coraggio. Richiede una diplomazia vera, credibile, capace di mettere attorno a un tavolo anche i nemici peggiori. Tra gli amici, d’altra parte, la pace non serve proprio..

Chi tace è corresponsabile

In questo scenario, l’inerzia politica è una forma di responsabilità. Chi può agire e non agisce, chi può mediare e preferisce compiacere alleati o interessi economici, diventa complice. Non servono vertici a due o a tre, chiacchiere tra ministri, comunicati congiunti che non legge nessuno: bisogna interrompere la logica binaria della guerra. Serve dire basta. Se l’Europa vuole davvero essere protagonista del proprio futuro, deve cominciare da qui: pretendendo soluzioni diplomatiche, ora. Non quando sarà – davvero – troppo tardi.

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