Gaza: tregua, ancora una volta. Ma quanto durerà?

Gaza

Ben venga la tregua, sia chiaro. Ogni volta accogliamo la notizia come una parentesi di sollievo, un segnale di umanità possibile. Ma la verità è che ne abbiamo – io personalmente di sicuro: è mezzo secolo che si susseguono – viste troppe, e nessuna ha mai davvero cambiato le cose. Mi scuserete quindi se sono un po’ scettico..

Si parla di cessate il fuoco, di corridoi umanitari, di “passi avanti”. Poi tutto si ferma, e dopo poco ricomincia. È un copione che conosciamo bene: un ciclo infinito di violenza e diplomazia di facciata, dove i morti cambiano ma la logica resta identica.

E allora sì, ben venga la tregua. Ma non basta. Perché la pace non può essere una parentesi tra due guerre.

La giustizia non conosce tregue

In questa storia, la giustizia deve continuare a camminare anche quando si fermano le armi.
I procedimenti contro Netanyahu e contro i membri del governo israeliano – che noi abbiamo denunciato per il massacro portato avanti in Palestina, senza paura delle conseguenze delle nostre azioni e senza sminuire o dimenticare in alcun modo i fatti del 7 ottobre – devono andare avanti, così come quelli che riguardano ogni parte coinvolta, senza eccezioni e senza zone d’ombra.

Il diritto internazionale non può essere un terreno negoziabile, né una carta da giocare quando conviene. O vale per tutti, oppure perde di senso.

Troppo spesso le regole diventano flessibili a seconda della potenza di chi le infrange. E questo è il vero scandalo: l’idea che esistano ancora “figli e figliastri” della legge si sta facendo sempre più forte..

Il tempo delle verità scomode

Oggi serve lucidità, non tifoserie. Serve il coraggio di dire che nessuna causa, nessuna bandiera, nessuna ragione di Stato può giustificare l’uso indiscriminato della forza o la violazione dei diritti fondamentali.
E che la pace, se deve esistere, può nascere solo da un terreno comune: quello della responsabilità e della verità accertata, non delle convenienze politiche del momento.

Ben venga la tregua, dunque. Ma che non sia l’ennesima pausa di silenzio prima della morte.

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