L’era dello strapotere della magistratura sta (finalmente) terminando

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Come molti sapranno, il tema della separazione delle carriere è tornato di grande attualità – come ciclicamente accade ormai da una vita, per poi sparire in una nuvola di fumo. A quanto pare però ora, dopo anni di parole al vento, finalmente si passa ai fatti: e appare a un passo l’approvazione di una misura di buon senso e correttezza verso i cittadini, che garantirà equilibrio nel settore della giustizia.

Come sottolineato da molti osservatori, infatti, si tratta di un passo essenziale per il consolidamento dello Stato di diritto, di un avanzamento nella direzione della giustizia imparziale. Non a caso, nei Paesi in cui la democrazia è nata e ha le sue radici più profonde – gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia – le carriere dei magistrati giudicanti e requirenti sono separate. Questo modello garantisce una netta distinzione tra le funzioni di accusa e quelle di giudizio, eliminando ogni rischio di commistione che potrebbe influire negativamente sulla percezione di imparzialità da parte dei cittadini. Senza contare la riforma è assolutamente in linea con il principio di terzietà (all’articolo 111 della Costituzione Italiana): non farebbe che rafforzare il ruolo del giudice come arbitro imparziale e autonomo, libero da potenziali influenze delle funzioni inquirenti.

Il problema è che, come in tutte le storie, c’è un ma: la norma viene contestata dalla lobby dei magistrati, la quale ha già annunciato iniziative di contrasto contro quello che considerano uno strumento per mettere sotto controllo le loro inchieste. Anche se, come evidente a tutti, la separazione delle carriere non rappresenta in alcun modo un vulnus alla democrazia, ma, al contrario, costituisce un irrobustimento del sistema, come dice Vasco c’è chi dice no. Scioperando, disertando l’avvio dell’anno giudiziario e così via: azioni che rischiano di compromettere gravemente i diritti dei cittadini, in particolare il diritto alla difesa e all’accesso a un sistema giudiziario efficiente. In quanto pubblici ufficiali, i magistrati hanno il dovere di garantire la continuità del servizio, e un’interruzione e/o sospensione potrebbe configurarsi come interruzione di pubblico servizio (ai sensi dell’articolo 340 del Codice Penale) con le conseguenti responsabilità penali.

Un film già visto, e a cui non abbiamo intenzione di assistere ancora. Per questo chiediamo un confronto costruttivo sul tema della separazione delle carriere, per discutere con trasparenza le ragioni della riforma e promuovere una collaborazione attiva nell’interesse dei cittadini. Ma per questo, d’altra parte, siamo pronti a denunciare i magistrati che daranno vita a scioperi e si asterranno dal lavoro, e quelli che diserteranno l’avvio dell’anno giudiziario, chiedendo di procedere nei loro confronti per il reato di interruzione di pubblico servizio. Non possiamo più tollerare i ricatti di una categoria a danno del Ministro della Giustizia, dello Stato Italiano, ma soprattutto dei cittadini: l’era dello strapotere incondizionato della magistratura deve finalmente terminare.

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