CELEBRAZIONI FASULLE


Cari amici,

oggi i notiziari, le testate giornalistiche e le pagine social ricordano la morte di Paolo Borsellino, ucciso in un attentato mafioso 24 anni fa assieme alla sua scorta. Una gara al titolo più commovente, con frasi ad effetto che celebrano “l’eroe”, il “martire”, la “vittima”, che ha sacrificato la propria vita per la legalità, cadendo di fronte alla gigantesca impalcatura mafiosa, abbandonato da quello Stato che avrebbe dovuto tutelarlo.
Sono tutte belle parole, magari anche giuste, ma queste continue commemorazioni sono velate da quel velo di ipocrisia che rende la morte di Borsellino ancor più raccapricciante. Alla base di questa “giornata della memoria” mi sembra riecheggi il pensiero celato e inconfessabile di chi dice: “ricordiamoci di lui una volta l’anno e dimentichiamocene il giorno successivo”.
Non c’è cosa più pericolosa di fare di un uomo un eroe, non perché Borsellino non abbia compiuto atti eroici, ma perché deresponsabilizza chi lo osanna come una semi-divinità. Quando, in realtà, il magistrato palermitano è stato innanzitutto un uomo onesto e coerente, che ha trasformato un’idea (il valore della giustizia) in una traccia, da seguire.
Ecco perché non voglio celebrare la morte di Paolo Borsellino. Proprio non mi va di partecipare a una seconda morte, quella organizzata ad hoc dai politici perbenisti, da quella parte di magistratura stagnante e atrofizzata, molto distante dal modus operandi di Falcone e Borsellino.
Non voglio partecipare per spendere lacrime di coccodrillo, magari lanciando dichiarazioni entusiastiche e rassicuranti sull’azione persistente ed imperitura dello Stato nella lotta contro la mafia. (Non dimentichiamoci che quello stesso Stato non ha ancora chiarito le vicende che hanno portato all’uccisione di Borsellino, avvenuta solo un mese dopo quella di Falcone, e molti dubbi persistono sull’identità dei mandanti).
D’altronde, la stessa Rosy Bindi, Presidente della Commissione Antimafia, ha rilasciato un’intervista tutt’altro che incoraggiante: “L’antimafia oggi non è più lotta a Cosa Nostra ma ricerca di prestigio e denaro“. E ancora: “Oggi Borsellino soffrirebbe molto anche delle distorsioni dell’antimafia, questo grande movimento che è nato sul sangue di quegli anni”.
Nessuna meraviglia: se pensiamo agli ultimi anni, si nota un calo dell’attenzione nei confronti dei fenomeni mafiosi. Eccetto qualche bestseller (il caso Saviano) e qualche cattura clamorosa, come quella del potente boss, Bernando Provenzano, oggi il contrasto alla criminalità organizzata non sembra più in auge. Sarà forse passato di moda? O semplicemente al problema non siamo davvero interessati, come se fosse una questione geolocalizzata, confinata al Sud?
Per questo, caro Paolo, io non ti celebro, io ti rimpiango. Vorrei che rinascessero uomini con la tua stessa tempra: ne basterebbero una decina nei palazzi del potere per pulire quest’Italia così incancrenita, da tenere gli occhi chiusi di fronte alla corruzione.

A presto,
CR

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