Alla fine, con una classica soluzione all’italiana, sono stati promossi i due alunni autori di aver sparato pallini al volto della professoressa Maria Cristina Finatti, filmata e derisa sui social durante la lezione di Scienze lo scorso settembre a Rovigo. Entrambi i protagonisti (sui cinque minori coinvolti) infatti se la sono cavata dall’inizio alla fine, e non dovranno ripetere l’anno: prima non sono stati sospesi e ora sono stati promossi con 9 (!) in condotta, nonostante l’evidenza e il buon senso consigliassero l’opposto.
Va detto con chiarezza assoluta: quanto accaduto è inammissibile in un Paese civile. Gli studenti colpevoli di aggressioni e bullismo non solo non possono avere 9 in condotta, ma vanno bocciati senza se e senza ma. Assegnare loro un voto così alto non solo è del tutto diseducativo, ma rappresenta da un lato una violazione dei regolamenti vigenti – secondo cui la condotta degli alunni va valutata in base al comportamento tenuto dagli stessi in aula e concorre a determinare la promozione o la bocciatura – dall’altro una grave disparità di trattamento a danno di tutti gli altri studenti che, pur essendosi comportati in modo corretto, hanno ricevuto lo stesso voto di chi si è reso protagonista di atti violenti.
Ha ragione Valditara, parlando di “messaggio diseducativo”. Ma che insegnamenti si passano in questo modo ai ragazzi? Che a forza di fare i bulli, alla lunga, ci si guadagna? Che tirare pallini a una professoressa è un gioco innocente, una goliardata, un fatto minore? Specie in un periodo in cui le molestie ai danni di professori si moltiplicano, di fatto diamo il semaforo verde a questi comportamenti da teppisti?
Roba da matti, veramente: un’assurdità di fronte alla quale fare qualcosa è doveroso. Per questo abbiamo deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Rovigo, chiedendo di aprire una indagine per accertare l’operato dell’istituto scolastico coinvolto e degli insegnanti che hanno assegnato i voti, e stiamo studiando la possibilità di impugnare al Tar la promozione degli alunni, a fine di ottenere l’annullamento degli atti adottati dalla scuola. Un minimo atto di buon senso: una qualità che sembra smarrita del tutto nell’Italia di oggi.