La fornitura di armi all’Ucraina è incostituzionale


Premessa doverosa, visti i tempi polarizzati e conflittuali: questa non è una discussione sull’invasione russa dell’Ucraina. Non si sta dibattendo insomma sulle ragioni addotte da Putin, sulle comprensibili motivazioni degli invasi, sui torti e le ragioni che esistono in tutte le guerre e si mescolano, a volte inestricabilmente, e che solo se districati con difficoltà restituiscono il quadro vero dei fatti.

Niente di tutto questo, comunque.

Quello di cui dibattiamo è altro, e nello specifico la fornitura di armi da parte del nostro Paese all’Ucraina. Armi vere, mica roba da nulla: fino a oggi missili spalleggiabili Stinger e Milan, mortai anti-carro, mitragliatrici pesanti e leggere, munizioni a non finire. E domani chissà: c’è chi dice carri armati, cannoni, magari pure qualche aeroplano. Non c’è limite alla generosità, quando a sparare sono gli altri.

I fatti, che tutti conosciamo, sono questi: è in atto una fornitura di armi all’Ucraina, e il rischio è che aumenti progressivamente – come già annunciato dal Governo. Per questo, abbiamo deciso di sollevare davanti al TAR una questione di legittimità costituzionale relativa a tutti gli atti emanati dal Governo e relativi alla fornitura di armi all’Ucraina.

Spiego rapidamente la ragione di questa scelta: la fornitura di armi offensive all’Ucraina implica in qualche modo la partecipazione dell’Italia al conflitto bellico in atto, in piena violazione dell’articolo 78 della Costituzione – che prevede che lo stato di guerra debba essere deliberato con legge formale del Parlamento. A nostro parere risulta violato anche l’art. 11 della Costituzione, in base al quale l’Italia ripudia la guerra anche come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. E non solo. La segretezza imposta sul tipo di armi da destinare all’Ucraina impedisce pure di distinguere tra “armi di offesa” e “armi di difesa”, circostanza che porta alla violazione delle disposizioni che prevedono la delibera del Parlamento sulle operazioni di guerra da parte dello Stato Italiano. Insomma: la frittata, dal punto di vista del diritto, è totale.

Non siamo i soli, per fortuna, a essercene accorti. Più di qualcuno, nel mondo giuridico che conta, si è detto d’accordo con noi: c’è chi ha parlato di “Costituzione rimossa” nel corso del dibattito parlamentare sull’Ucraina, chi ha forti dubbi sulla legittimità giuridica di quanto stabilito nei giorni scorsi, in assenza di dibattiti parlamentari e discussioni pubbliche.

A chi obietta che, essendo legittima la guerra di difesa, anche quella ucraina sarebbe altrettanto legittima, Ainis risponde: ‘I costituenti si riferivano all’invasione del nostro territorio. Altrimenti ogni volta che uno Stato ne aggredisce un altro (e nelle guerre succede quasi sempre) dovremmo intervenire, per obbligo costituzionale. Come si usa dire, l’argomento prova troppo‘.


Michele Ainis, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università Roma Tre, intervista a Il Fatto quotidiano

Cosa intendiamo ottenere, quindi, con questo ricorso? Vogliamo mettere i bastoni tra le ruote a un aggredito? Siamo forse dalla parte della Russia, del suo leader autoritario, dei suoi oligarchi? Proprio no. Con questa iniziativa legale intendiamo fare altro: in primo luogo coinvolgere i cittadini italiani, che queste armi le pagano, e attivare un dibattito che li comprenda. I provvedimenti dell’esecutivo sono stati adottati in pieno contrasto con la loro volontà, considerato che tutti i sondaggi e le ricerche fino a oggi pubblicate hanno registrato la netta contrarietà dei cittadini all’invio di armi all’estero: è ora che qualcuno li ascolti.

Noi, come sempre, ci proviamo.

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