Alla Mostra del Cinema di Venezia un inedito Premio Speciale della giuria è stato assegnato al film April. Una scelta davvero incomprensibile: a parte i tanti commenti critici ricevuti dal film (“che ha purtroppo il demerito di esasperare la sua forma a discapito del contenuto“) e le valutazioni piuttosto basse degli spettatori online, la pellicola è stata esplicitamente bocciata dagli stessi spettatori della kermesse, che hanno abbandonato la sala in massa molto prima del termine della proiezione. Lento, pesante, inutile: i commenti del pubblico riassumono bene il senso profondo lasciato dalla proposta georgiana.
E allora, come è stato possibile che un film orribile – capace di mettere in fuga il pubblico, pur abituato ai “mattoni” da Festival – abbia potuto ottenere questo Premio Speciale? Il mistero, mai come stavolta, si è infittito.
Nelle ore successive alla consegna dei riconoscimenti, però, hanno suscitato impressione le parole di Paolo Mereghetti proprio su April – prodotto anche da Guadagnino:
Si sa che, una volta deciso il Leone d’oro poi tutto il resto deve fare i conti con gli equilibri e le diplomazie nazionali, quelle che hanno relegato Walter Salles al premio per la sceneggiatura e hanno finito per premiare uno scontato campione di quel «cinema da festival» che guarda al passato e non al futuro come April.
Considerazioni che hanno il pregio dell’onestà ma che aprono prospettive inquietanti: quali sono infatti le logiche che governano effettivamente le scelte artistiche? Su quali basi si creano i Premi Speciali, su quali basi si scelgono i vincitori?
Sono punti su cui bisogna, è chiaro, che non ci siano ambiguità di sorta. Alla Biennale contribuiscono o partecipano Ministero della Cultura ed enti locali (Regione, Comune, Provincia): si tratta quindi di un evento pubblico fornito – indirettamente – da enti pubblici, e accuse del genere suonano quindi come particolarmente gravi.
La denuncia di Mereghetti dovrebbe ora diventare oggetto di indagine da parte della procura della Repubblica di Venezia: altrimenti sarà un’altra occasione sprecata per il nostro cinema, malato – anche – di logiche da consorteria e compulsione da premio.